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Bibbiano, indagini chiuse per 26 persone. Ma la Cassazione: “Infondate le misure contro il sindaco”

I carabinieri di Reggio Emilia hanno notificato a 26 persone l’avviso di fine indagine dell’inchiesta `Angeli e Demoni´ sui presunti affidi illeciti nella Val d’Enza e che a maggio vide scattare misure cautelari. I capi di imputazione contestati dalla Procura reggiana nell’atto che di solito prelude a una richiesta di rinvio a giudizio sono 108. Tra gli indagati è rimasto anche il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti, a cui viene contestato solo il reato di abuso d’ufficio. Secondo il procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini, il quadro probatorio iniziale è uscito rafforzato dalle indagini e sono state contestati anche nuovi episodi di reato.

Tuttavia, la Cassazione ha reso note le motivazioni in base alle quali il 3 dicembre scorso aveva annullato tutte le misure cautelari a carico del sindaco Carletti : per la Suprema Corte non c’erano gli elementi per imporre la misura coercitiva dell’obbligo di dimora nei confronti del primo cittadino di Bibbiano e rilevano «l’inesistenza di concreti comportamenti», ammessa anche dai giudici di merito, di inquinamento probatorio e la mancanza di «elementi concreti» di reiterazione dei reati.

Sul rischio di inquinamento probatorio, gli «ermellini» sottolineano che l’ordinanza del riesame di Bologna – che il 20 settembre ha revocato i domiciliari a Carletti imponendo però l’obbligo di dimora – non si è basata su «una prognosi incentrata sul probabile accadimento di una situazione di paventata compromissione delle esigenze di giustizia». Anzi, il riesame – prosegue il verdetto – «pur ammettendo l’inesistenza di concreti comportamenti posti in essere dall’indagato, ne ha contraddittoriamente ravvisato una possibile influenza sulle persone a lui vicine nell’ambito politico amministrativo per poi inferirne, astrattamente e in assenza di specifici elementi di collegamento storico-fattuale con la fase procedimentale in atto, il pericolo di possibili ripercussioni sulle indagini». Tutto «senza spiegare se vi siano, e come in concreto risultino declinabili, le ragioni dell’ipotizzata interferenza con il regolare svolgimento di attività investigative ormai da tempo avviate». Di «natura meramente congetturale» anche il rischio di reiterazione.