Pesci, parola alla difesa: “Ignorate alcune intercettazioni”. Ed emerge (di nuovo) come la vittima, violentata da piccola, si prostituiva

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Da vittima a imputata morale. Il processo contro Federico Pesci e Wilson Ndu Aniyem continua incessante: mercoledì in Tribunale la parola è passata alla difesa di Pesci.

Che non ha potuto che concentrarsi sulla ragazza, che la notte tra il 18 e il 19 luglio sarebbe stata vittima di lesioni aggravate e violenza sessuale di gruppo. Se Aniyem, accusato anche si spaccio, ha patteggiato 5 anni e 8 mesi, la difesa di Pesci non ci sta.

E sul piatto del giudice ha posto il passato della ragazza, che non hai mai nascosto di prostituirsi, e di aver continuato a farlo dopo. Stuprata già da piccola, una personalità complessa, la ragazza avrebbe si consegnato il cellulare alla polizia, ma inizialmente non ha fatto il nome di Pesci, ammettendo solo lo stupro subito.

“Forse è stata spinta da qualcuno, per gelosie varie” – sostiene la difesa, che mostra anche messaggi non inseriti tra le prove. Poi incalza: aveva 45 giorni di prognosi, lamentava con gli amici di dover stare in casa, ma dopo pochi giorni era già in giro in macchina, tanto che ha avuto un incidente.

E ancora un’intercettazione in cui parlando di una festa dice “se venivo io li stendevo tutti”.

Non una santarellina, insomma. Il che non giustificherà mai uno stupro o una violenza in genere, ma che potrebbe insinuare tanti dubbi sulla reale volontà di Pesci di fare del male e sugli accordi presi prima di quella maledetta notte in Via XXIV Maggio.

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