Ci lascia il partigiano Atos Sassi: era sfuggito alla morte a Dachau. Funerali il 28 dicembre

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E’ morto l’ex prigioniero di guerra e partigiano Atos Sassi. Aveva 93 anni, era nato a Suzzara ma già da bambino si trasferì a Parma con la famiglia.

I funerali avranno luogo venerdì 28 dicembre alle ore 14.10 partendo dalla Casa di Cura Città di Parma per la chiesa di San Bernardo in via Milano, dove viveva.

Appena 20enne Atos Sassi si salvò dal bombardamento della fabbrica in cui lavorava, a Suzzara. Era il 1942 e poco dopo il giovane ricevette la cartolina per la recluta militare. Il padre lavorava per un casaro ma della passione per i formaggi Atos non si curò, occupandosi invece della sua di passione, la meccanica che lo porta a studiare e poi lavorare alle Officine Reggiane e poi a quella fabbrica che venne distrutta dalle bombe e che gli fecero perdere il lavoro. Reclutato per la guerra, Atos fu destinato al reparto motoristi della regia Marina a La Spezia. L’8 settembre del 1943 quando regnava il caos in attesa di sapere cosa sarebbe accaduto all’Italia, Atos Sassi e un altro amico partigiano, Enzo Colla, scapparono dall’esercito strappandosi il colletto della divisa e gli stemmi militari.

Scapparono da disertori e scamparono a un rastrellamento a Pontremoli ma quando arrivarono a casa, a Parma, vennero beccati. Ebbero la possibilità di scegliere tra l’arresto o un periodo di lavoro in Germania. I due scelsero la Germania, illusi che si trattasse davvero di lavoro. Dopo 10 giorni di estenuante viaggio su un treno bestiame scoprirono che la loro meta era invece Dachau. E lì, accatastati nel campo di concentramenti, insieme agli altri prigionieri, si distingueva dagli ebrei solo per la casacca numerata invece del tatuaggio sul braccio.

Con il numero 2299 Atos Sassi venne costretto dai tedeschi a raccogliere cadaveri, rubar loro i denti d’oro per le forze naziste. Per 18 mesi visse un incubo, mangiando anche l’erba dei prati nelle poche ore d’aria concesse. Una volta liberato sopravvisse grazie alle cure di un medico americano, che gli diede una dieta a piccole dosi, piccole quanto il suo stomaco ormai contrito in un corpo prosciugato, di appena 40 chili. Molti invece i prigionieri che morirono per l’eccesso di cibo ingerito dopo la liberazione. Dopo aver ripreso le forze in Germania tornò in Italia, a Parma arrivò con un treno partito da Bolzano.

La sua storia venne raccontata lo scorso settembre in un incontro con gli studenti del Liceo Romagnosi.

 

 

 

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