Paolo Scarpa si difende da un “sindaco irriguardoso” ed “ex amici” del PD

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“A seguito delle mie dimissioni dal Consiglio si sono sollevate reazione diverse: forse sono stato vago e si rendono quindi opportune alcune precisazioni”. L’ex consigliere e candidato sindaco Paolo Scarpa, tornato da un breve viaggio all’estero, replica alle polemiche scaturite dopo le sue dimissioni. E in particolare risponde al sindaco Federico Pizzarotti, ma non manca di muovere critiche verso l’ex alleato Pd:

“Ero candidato Sindaco per una colazione, non per una lista: una coalizione che si proponeva come alternativa al governo della città. Dopo le elezioni del 2017 le nostre ragioni non sono cambiate, ma è cambiato profondamente lo schema politico. Per questo il mio ruolo di rappresentante di tutti è venuto meno: oggi la Provincia è governata da una maggioranza tra Pd e il movimento di Pizzarotti, il Comune gestisce le nomine delle società partecipate in esplicito accordo con i vertici della Regione PD, arrivando a pescare tra candidati di liste che mi sostenevano nel 2017, è in corso un rapido processo di polarizzazione, che tende a compattare attorno al movimento di Pizzarotti un fronte anti-Lega. Condivido il pericolo di una deriva valoriale del paese, ma questa radicalizzazione fa bene solo a Pizzarotti e alla Lega stessa e non può servire da copertura per operazioni politiche che mirano ad altro. In questo contesto è maturata la mia scelta. Che non è un abbandono: io mi sono prestato alla politica per l’ambizione (questo è vero) di cambiare le cose a Parma, non certo per interessi personali che mi avrebbero semmai indotto a fare tutt’altro, e rimango a disposizione, da cittadino semplice, degli amici che sono in Consiglio Comunale, del Gruppo di Parma Protagonista, della città, e la mia passione politica, se serve, la continuerò ad esercitare.

Aggiungo due note. La prima la invio a Pizzarotti, il quale si è permesso di uscire con valutazioni personali nei miei riguardi che, per usare un eufemismo, sono per lo meno irriguardose. Questo dipinge uno stile politico che usa la delegittimazione degli avversari come sistema, così come usa idee, valori con una disinvoltura che permettono di cavalcare tutto e il suo contrario. Dal No-Termo alla accettazione di Iren come principale sponsor del Comune, dalla lotta ai poteri forti a una real-politik nei confronti di interessi piccoli o grandi, che alla fine, per leggerezze o eccesso di zelo, risultano persino danneggiati (vedi Mall di Baganzola, e, oggi il “cilindrone” di Via Spezia), tra gli stereotipi di sinistra e la richiesta di contribuiti ai disabili. Dopo gli ondeggiamenti tra Varoufakis (radicalmente anti europeista) a Emma Bonino (europeista di ferro), ha trovato una collocazione nel fronte anti-Lega. Ma quando Matteo Salvini, al ballottaggio del giugno del 2017, indicò di votare Pizzarotti, Pizzarotti e i suoi incassarono quell’endorsement senza fiatare e, grazie a quei voti, Pizzarotti è stato rieletto. Oggi il gioco delle parti fa sì che tutti, leghisti compresi, fingano che allora (pochi mesi fa…) nulla sia successo, ma la politica farebbe bene a non scordarselo. Lo dico anche a chi ora lo sta corteggiando. Pizzarotti continua ad attaccare il Pd, da lui definito un “partito morto”, e più lo offende, più il Pd lo insegue. Un gioco pericoloso, anche in vista delle regionali prossime venture, dove i posizionamenti dovranno uscire dall’ombra.

Seconda nota, totalmente a margine, riguarda alcune dichiarazioni di ex presunti amici.  (Nicola Dall’Olio?, ndr). Parlo di singole persone, sia chiaro, non di un partito. Al proposito non posso che dire che il danno lo hanno già fatto nel 2017, in diversa misura, e le reazioni di oggi sono il compimento di un disegno scritto allora, per quei pochi che ancora non se ne fossero accorti”.

 

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