Decreto sicurezza- Ciac onlus: “Il progetto Sprar a Parma funziona. Accolti solo veri richiedenti asilo”

0

“Dopo aver fermato gli sbarchi dei clandestini, Matteo Salvini con il suo decreto modifica sostanzialmente il sistema dell’accoglienza eliminando molte delle storture che avevano permesso al business dell’immigrazione di svilupparsi nel nostro Paese e il radicarsi anche a Parma di situazioni di criminalità e degrado inaccettabili” afferma il senatore parmigiano della Lega Maurizio Campari.

Ciac onlus replica invece dati alla mano, attiva da anni nei percorsi di accoglienza e integrazione degli immigrati, difende il sistema di accoglienza istituzionale Sprar e chiama a raccolta contro il decreto Salvini che prevede l’abrogazione della protezione umanitaria; un cambio di rotta che “porterebbe a maggiore irregolarità e a un probabile incremento della marginalità sociale, e conseguentemente della criminalità”.

Anche a Parma, spiega l’associazione, tra i richiedenti asilo seguiti dal Ciac, sono decine i migranti che hanno ricevuto la protezione umanitaria (benché in percentuale minore rispetto alla media italiana, 21% rispetto al 25%) e che oggi si ritroverebbero in condizioni di irregolarità.

Invece sono stati inseriti in un progetto Sprar e in “molti casi hanno compiuto grandi progressi nel loro percorso di integrazione socio-economica”.

Basti pensare che in questo momento nello Sprar Una città per l’asilo(Comune di Parma) sono accolti 33 protetti umanitari, il 34% del totale: “per loro l’approvazione del decreto Salvini comporterebbe la fine dell’accoglienza, la strada”.

Stessa sorte per i 31 protetti umanitari (32%) presenti nel progetto Terra d’asilo (Comune di Fidenza, due distretti socio-sanitari). Tra di essi molte donne sole, anche con bambini piccoli a carico, e quasi tutti i neo-maggiorenni che sono arrivati da minori stranieri non accompagnati e che sono passati da una comunità per minori al progetto Sprar.

“A livello nazionale, la protezione umanitaria va assolutamente mantenuta. È uno strumento di garanzia, legalità, integrazione che tutela i migranti e allo stesso tempo le comunità che li ospitano”. Nella provincia di Parma attualmente lo Sprar conta un totale di 308 posti approvati, in tutti e quattro i distretti socio-sanitari.

Un altro dato a conferma della bontà dei percorsi in atto, prosegue il Ciac, indica in 109, negli ultimi 12 mesi a Parma, il numero di beneficiari Sprar che sono entrati nel mondo lavoro. Si sottolinea in particolare che, a fianco di 75 tirocini formativi avviati in diversi settori aziendali (alimentare e ristorazione, commercio, metalmeccanica, logistica etc) e diverse tipologie di soggetti economici (dalle multinazionali alle cooperative sociali), sono stati firmati 32 contratti a tempo determinato. Particolarmente efficaci si sono rivelati la riorganizzazione del laboratorio linguistico in raccordo con il CPIA (cui partecipano complessivamente circa 200 richiedenti asilo e rifugiati).

“Un meccanismo che rischia di venire fortemente indebolito da quanto deciso dal decreto Salvini”. Importanti passi avanti sono stati fatti anche nell’ambito dell’abitare. Solo nel 2018 sono stati inseriti in co-housing 30 rifugiati in uscita dallo Sprar, favorendo non solo la loro autonomia, ma riducendo anche i rischi di marginalità sociale.

Dal 2015 è attivo Rifugiati in famiglia, il primo progetto in Italia (insieme a Torino) in cui l’accoglienza in casa di Italiani è parte del sistema pubblico di accoglienza, un progetto anche per questo promosso e studiato dal servizio centrale dello Sprar e dal ministero dell’Interno del precedente Governo che avevano valutato la possibilità di inserirlo tra gli strumenti ordinari per l’accoglienza dei titolari di protezione. In tre anni attraverso Rifugiati in famiglia 26 adulti e 5 bambini hanno potuto trascorrere un periodo di tempo in famiglie e piccole comunità di italiani. Tutti gli 8 rifugiati inseriti nel 2018 hanno un contratto di lavoro (4) o un tirocinio (5) in corso.

Dal 2016 a Rifugiati in famiglia si è affiancato Tandem, un progetto di co-housing e social networking tra giovani italiani tra i 18 e i 29 anni e giovani titolari di protezione in uscita dai progetti di accoglienza. I co-houser hanno la possibilità di vivere un’intensa esperienza interculturale e di comunità impegnandosi in attività di volontariato e cittadinanza attiva a sostegno dei percorsi di integrazione e di autonomia, contribuendo a restituire una visione e una narrativa dell’esperienza che si discosta da quella comune.

I primi due appartamenti sono stati attivati grazie alla generosità di una privata cittadina e di una associazione religiosa di Parma e ad essi, nel 2018, si aggiungono nuove opportunità grazie a un finanziamento dell’8 per mille a diretta erogazione statale. Dall’inizio del progetto sono passati per Tandem 21 ragazzi, tra italiani e rifugiati.

Poi ci sono le reti attivate dalle comunità parrocchiali (parrocchia del Corpus Domini e del Sacro Cuore), gruppi scout, associazioni sportive (Uis, La Paz Squadra di calcio antirazzista), associazioni culturali (Kwa Dunìa, Agevolando), cooperative sociale (il Consorzio di Solidarietà Sociale e molte singole cooperative) e dalle comunità di stranieri.

Per finanziare le attività dell’equipe integrazione nel passaggio di uscita dallo Sprar (e quindi col venir meno dei finanziamenti pubblici nazionali) Ciac spiega di aver lavorato nella progettazione europea e attraverso altri bandi pubblici e privati (Fondo Asilo Migrazione e Integrazione, 8 per mille, Fondazioni ecc.), potendo così sviluppare le sperimentazioni descritte e garantendo al territorio un complesso di risorse altrimenti indisponibili.

Nel solo biennio 2017-18 quest’attività di progettazione ha portato sul territorio di Parma fondi per un totale superiore ai 500mila euro.

Per tutti questi motivi, secondo l’associazione, va contrastato il decreto che prevede uno svuotamento progressivo del sistema di protezione pubblico per richiedenti asilo e rifugiati che “lo stesso ministro Salvini in una relazione ufficiale del 14 agosto aveva definito ‘un ponte necessario all’inclusione‘”

Nello Sprar – che cambia nome e natura – potranno entrare solamente i titolari di protezione internazionale (status di rifugiato e protezione sussidiaria) e i minori stranieri non accompagnati. Esclusi i richiedenti asilo, che troveranno invece accoglienza con servizi assistenziali minimi all’interno dei Centri di accoglienza straordinari, d’ora in poi elevati a strumento ordinario. Esclusi – viene sottolineato nel report – i titolari di protezione umanitaria, in “via di estinzione” secondo la lettera del decreto. Esclusi i titolari di protezione speciale, la nuova categoria nella quale rientreranno vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o chi proviene da un paese che si trova in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”.

Ipotesi nefasta dato che lo Sprar “è sempre stato considerato da tutti i governi di qualunque colore politico il fiore all’occhiello del sistema italiano, da presentare in Europa in tutti gli incontri istituzionali”.

Il sistema, gestito oggi da Comuni di centrosinistra come di centrodestra, “ha assicurato una gestione dell’accoglienza concertata con i territori, con numeri contenuti e assenza di grandi concentrazioni, secondo il principio dell’accoglienza diffusa, di buona qualità e orientata ad inserire quanto prima il richiedente asilo nel tessuto sociale”.

Inoltre ha assicurato un “ferreo controllo della spesa pubblica grazie all’applicazione del principio della rendicontazione, in base alla quale non sono ammessi margini di guadagno per gli enti che gestiscono i servizi”.

Non è così, da oltre un decennio, per il parallelo “sistema di accoglienza a diretta gestione statale-prefettizia, salvo isolati casi virtuosi, sprofonda nel caos producendo un’accoglienza di bassa o persino bassissima qualità con costi elevati, scarsi controlli e profonde infiltrazioni della malavita organizzata che ha fiutato il potenziale business rappresentato dalla gestione delle grandi strutture (come caserme dismesse, ex aeroporti militari)” conclude la onlus.

Dunque, per contrastare il decreto Salvini e far sentire la propria voce, il Ciac di Parma ha voluto lanciare una petizione su change.org  che in pochi giorni ha già raccolto 16mila firme e sta avendo una sponda a livello nazionale sempre più importante.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here