Riccardo Cucchi, da Campobasso-Fiorentina, 22 Agosto 1982, ad Inter-Empoli, 12 Febbraio 2017. Dalla prima all’ultima radiocronaca. In mezzo 35 anni di calcio vissuti, sorseggiati, raccontati. E così, minuto per minuto, è venuta su una grande casa. Radiogol, edito da il Saggiatore, fa assaggiare questo tuo grattacielo vocale e le sue conseguenti pareti di brividi?
Il mestiere di radiocronista e quello di scrittore hanno diversi minimi comuni denominatori. Come per esempio regalare il racconto dei fatti e redarlo con una puntuale brevitas. Dunque quel “Più breve sei, più bravo sei” consiglio d’oro che ti diede Mario Giobbe agli inizi della tua vita da radiocronista, si può applicare anche a questi tuoi nuovi inizi di scrittore?
“Sicuramente, con la differenza fondamentale che sulla pagina puoi in qualche modo allargarti di più, indagare di più dentro di te. Scrivere è ricerca. Il dato comune tra la radio e la scrittura è la parola, che diventa sempre più importante quando è pronunciata alla radio o riportata sulla carta. Tutto sommato ascoltare la radio o leggere un libro fanno parte di un percorso simile: colui che parla o colui che scrive cerca di riprodurre immagini in chi ascolta o legge. Tutto ruota attorno alla parola: ho immaginato sempre la radio come un grande falò, nell’antichità attorno al falò si radunavano i giovani ed i vecchi raccontavano storie di vita vissuta, attraverso queste storie si tramandavano esperienze e si facevano crescere i bambini; questo modo di concepire la radio mi ha sempre accompagnato, sia quando le storie le raccontavano per me e sia quando, ho avuto la fortuna, di raccontarle io. Si, questo modo di leggere la radio mi ha sempre accompagnato, per tutta la vita”.
“Si in parte è nato in quegli spostamenti, ma soprattutto quando mi sono rifugiato nel mio eremo umbro, dove la natura regala capacità introspettive. Son due libri diversi, il primo è storiografico e collettivo, un omaggio alla trasmissione a come era nata, cercando anche la collaborazione di chi con me l’ha fatto Tutto il calcio, cercando di sottolineare anche come fosse legata, la trasmissione, alla società. Questo è un libro più intimo, son due modi diversi di vivere e di leggere una realtà straordinaria, quella che si crea nel rapporto tra narratore ed ascoltatore, attraverso il mezzo che per me rimane il più bello, il più affascinante, il più moderno di tutti, che è appunto la radio”.
Una gara alle 15, una alle 18, un’altra alle 20.30 del sabato. Poi ecco la domenica: lunch match delle 12.30, solo 3 gare alle 15, una alle 18, una alle 20.30 e dulcis in fundo il monday night. Forse più che un radiocronista bisogna essere un equilibrista? Però, come diceva Romano Gaurdini, nell’esperienza di un grande amore tutto diventa interessante, come forse può esserlo anche questa nuova parcellizzazione delle partite?
“Non vorrei apparire un passatista, è evidente che per la mia storia e cultura ed età, quel passato è meraviglioso, ho avuto la fortuna di raccontarlo anche io, di vivere quella contemporaneità di gare che prendevano il via tutte alle 14 alla domenica. Io ho visto nascere il cambiamento: mi rendo conto che io avevo soltanto la radio per vedere cosa accadeva su un campo di calcio, oggi i giovani hanno un sacco di strumenti in più, non credo che bisogna leggere tutto per forza in negativo; oggi ci sono più opzioni per le nuove generazioni, e quindi più libertà. Forse però bisogna riflettere su una cosa: l’appassionato non va considerato un cliente, una sorta di bancomat a cui attingere i soldi tanto per essere chiari, non si può sfruttare la passione dei tifosi trasformandoli in clienti, abbiamo visto le due piattaforme e tutti i problemi connessi, questo spezzatino ancora più accentuato. Ecco, i tifosi non possono essere trasformati in clienti, mi auguro che ci si pensi: il calcio è passione della gente, quando la gente si stancherà, speriamo non avvenga mai, probabilmente il calcio subirà una crisi profonda”.
Parma, è sempre stata accanto a Tutto il calcio, al suo spirito, ai suoi aedi. Sandro Ciotti il 12 maggio del 1996 visse il suo canto del cigno con un Cagliari-Parma. Così come calò il sipario sui racconti alla radio di Tonino Raffa, da dipendente,in un Parma-Juve nel maggio 2011 così come la sua “ripartenza” da collaboratore avrebbe dovuto essere proprio da Parma, ma l’evento saltò per uno sciopero dei calciatori. Inoltre, l’anno dopo, nel novembre del 2012 Ugo Russo ha raccontato il suo Un microfono a due facce nel Circolo cittadino Aquila Longhi. Insomma Riccardo, se e quando vorrai, sarai accolto a braccia e ad orecchie aperte…
Infine, da scrittore, secondo te che pagine potrà scrivere il Parma, che dopo un triplo salto, ha ritrovato il libro della serie A?
“Non era facile risalire dopo aver visto l’inferno, complimenti di cuore, è un ritorno davvero da incorniciare, addirittura in meno tempo rispetto al previsto è avvenuto questo ritorno tra le grandi e questo va a merito ed onore di un ambiente che è sempre stato, al di là di quella parentesi triste che non voglio neanche ricordare, sano, di passione e di gente che va allo stadio per divertirsi. Ricordo e sottolineo la grande civiltà di Parma e del popolo parmigiano, questo è già un grande risultato, il difficile, arriva ora perché è sempre più complicato rispetto agli anni 90 rimanere in A, è molto più complicato mettere insieme, oggi, risultato tecnico e bilanci, ed è un esercizio a cui i presidenti, specie quelli che hanno meno disponibilità economica, devono in qualche modo far fronte. Io mi auguro che si stabilizzi in A e possa vivere insieme ai suoi tifosi quelle grandi avventure vissute negli anni novanta e possa tornare tra le sette sorelle”. Luca Savarese per www.stadiotardini.it
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