Maxi frode e falsi prosciutti San Daniele: tra gli indagati i controllori parmigiani

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La Procura di Pordenone ha chiuso le indagini preliminari sull’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio di prodotti agroalimentari con denominazione di origine protetta, alla contraffazione della Dop “Prosciutto di San Daniele”. Numerosi i reati contestati a 103 indagati, persone fisiche e società, tra responsabili e impiegati del macello di Aviano, allevatori, prosciuttifici, ispettori del Consorzio di tutela. Emessi decreti di sequestro per 270 mila prosciutti, per 27 milioni di euro.

La Procura ipotizza anche truffe per ottenere un contributo previsto dal piano di sviluppo rurale della Comunità europea di 400 mila euro, e per incassare ulteriori contributo per 520 mila euro. Scoperti anche reati di natura fiscale e ambientale. I reati sono stati contestati a 62 persone – tutti della filiera produttiva, di controllo e sanitaria – a 25 imprese ed a 16 posizioni stralciate ad altre procure. L’inchiesta è parallela a quella della Procura di Torino che ha fatto emergere le medesime ipotesi di reato in relazione alla Dop Prosciutto di Parma.

Le condotte contedop parmastate riguardano anche la commercializzazione di carne di suino con la certificazione di qualità regionale “Aqua”, il cui disciplinare di produzione è analogo a quello del prosciutto di San Daniele.

Tra gli indagati allevatori, veterinari, addetti del macello di Aviano, ispettori del Consorzio di Tutela, oltre agli organismi di controllo e anche i controllori parmigiani Marco Sassi e Fausto Palmia, rispettivamente direttore generale ed ex direttore generale di Ipq, l’Istituto Parma Qualità sono accusati di aver omesso i controlli che avrebbe potuto impedire la maxi frode.

In particolare, secondo l’accusa, i due non avrebbero svolto il controllo delle genetiche non ammesse dei maiali, quelli sulla macellazione prima dell’età minima prevista, sul peso medio per partita, oltre che sull’alimentazione degli animali. Anche lo stesso Istituto di controllo è stato coinvolto nell’inchiesta per la norma sulla responsabilità amministrativa degli Enti. I prosciutti messi in commercio sarebbero stati, secondo l’accusa, con cosce di Duroc danese o alimentati con scarti della produzione industriale del pane, della pasta, della pizza e dell’industria dolciaria. Tutte procedure non ammesse.

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