Prosciutto di Parma Dop con maiale danese. Dopo scoperta maxi-truffa commissariato chi doveva controllare: l’Istituto Parma Qualità e l’Ifcq Certificazioni

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Commissariati per sei mesi l’Istituto Parma Qualità e l’Ifcq Certificazioni. Lo ha deciso il Ministero delle Politiche Agricole dopo che la Procura di Torino ha scoperto una maxi-frode che ha portato al sequestro di migliaia di cosce di maiale di razza Duroc danese, destinati a diventare prestigiosi Prosciutto San Daniele Dop e Prosciutto di Parma Dop. Oltre all’inchiesta di Torino, se ne è aperta un’altra a Pordenone.

Oltre a un anno di indagini hanno portato a scoprire che coinvolti in questo traffico c’erano centinaia di allevatori tra Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e Veneto e che questi costituiscono la gran parte dei produttori dei prodotti Dop. La vicenda sarebbe iniziata con l’importazioni di alcuni maiali danesi per l’inseminazione, animali più prestanti e che crescono più velocemente, da incrociare con le femmine di razza italiana.

I disciplinari approvati per il prosciutto di Parma, il San Daniele e il crudo di Cuneo richiedono tuttavia che sia usato solo il Duroc italiano, che ha una maggior quantità di grasso, che consente di stagionare le cosce per molti mesi utilizzando come conservante solo sale. Per questo motivo sono scattate le denunce per associazione a delinquere finalizzata alla frode in commercio, falso, contraffazione dei marchi e truffa ai danni dell’Unione europea. Dall’altra parte invece ci sono gli allevatori, che si difendono attraverso il loro avvocato Tom Servetto, e che ribadiscono come questa pratica sia stata nota a tutti, ma sarebbe andata bene a tutti, perchè la carne è più magra, con meno scarti e più reddito, apprezzata anche dai consumatori.

A finire nel mirino delle indagini anche gli istituti che avrebbero dovuto controllare, come l’Istituto Parma Qualità, al quale sono affidate quattro produzioni Dop, Prosciutto di Parma, Prosciutto di Modena, Culatello di Zibello e Salame di Varzi; e l’Ifcq Certificazioni, responsabile di Prosciutto di San Daniele Dop, Prosciutto Veneto Berico Euganeo Dop, Cinta Senese Dop, Stelvio Dop, Fiore Sardo Dop, Speck Alto Adige Igp, Agnello di Sardegna Igp, Kiwi Latina Igp, Pecorino Romano Dop, Pecorino sardo Dop, Valle d’Aosta Jambon de Bosses Dop, Valle d’Aosta Lard D’Arnard Dop, Prosciutto Toscano Dop, Prosciutto di Carpegna Dop, Salamini italiani alla cacciatora Dop, Salame Brianza Dop, Prosciutto di Sauris Igp, Mortadella Bologna Igp, Cotechino Modena Igp, Zampone Modena Igp, Salame Cremona Igp, Finocchiona Igp, Pitina.

Con il commissariamento, gli istituti opereranno sotto vigilanza e affiancamento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari (Icqrf); dovranno porre in atto diverse misure correttive, tra cui la rigorosa applicazione dei piani di controllo, anche attraverso la verifica del tipo genetico dei verri (suini maschi non castrati) attraverso verifica dell’auricolare, con ispezione per visione diretta dei box ove sono detenuti gli animali ed incrocio della relativa documentazione. Con cadenza quindicinale dovranno comunicare tutti i rapporti delle ispezioni e campionamenti.

Il ministero non ha potuto revocare il mandato, anche se avesse voluto, essendo di fatto questi due enti gli unici incaricati a certifcare la qualità di questi prodotti tipici e protetti. Ora nei due organi sono cambiati gli organi direttivi che hanno deciso di modificare le condotte a rischio per conflitto di interesse e parzialità.

Ma un altra tegola aveva colpito il prosciutto di Parma lo scorso anno, una video inchiesta dell’associazione Essere Animali, aveva mostrato le condizioni indecenti di alcuni allevamenti intensivi, allevamenti che fornivano la materia prima anche per il Prosciutto di Parma.

A sollevare dubbi e perplessità, così, l’intero sistema di produzione. Da tutelare infatti i consumatori, i produttori ma anche gli altri allevatori. Una riflessione va spesa sulla concorrenza che a questo punto diventa sleale, ma sorgono anche i dilemmi sulle condizioni degli animali, da tutelare nel loro benessere, per quanto possibile in un allevamento, che dovrebbe seguire gli standard europei, anche se questo ultimo aspetto viene spesso ritenuto secondario.

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