Loris Borghi, una vita tra medicina, potere e scandali

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Loris Borghi, professore ordinario di Medicina interna era nato a Palanzano il 15 febbraio del 1949.  Dopo il conseguimento della maturità classica, a Reggio Emilia, nel 1968, si era laureato in Medicina e chirurgia nell’ateneo parmigiano  (con lode), nel 1974. Due le specializzazioni conseguite: in Medicina Interna a Parma, nel 1980 e in Biochimica e Chimica Clinica, sempre a Parma, nel 1984, sotto la guida dei suoi maestri, Bonaventura Rescigno, Luigi Migone, Alberico Borghetti e Almerico Novarini.

Ricercatore del CNR nel biennio 1978-1980 è stato ricercatore Universitario (1980-1999), professore ordinario dal 2000, coordinatore di Semeiotica e Metodologia Clinica, direttore del Dipartimento Universitario di Scienze Cliniche, direttore delle scuole di specializzazione in  Gastroenterologia, Scienza dell’alimentazione, Allergologia ed immunologia clinica, Medicina d’emergenza-urgenza. Tra i numerosi ruoli, quello di presidente dell’ Osservatorio della Regione Emilia-Romagna per le scuole di specializzazione mediche, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dal 2005 al 2012 e direttore del dipartimento di medicina clinica e sperimentale.

Nel giugno 2013, la nomina a Rettore –  Loris Borghi, professore di Medicina, è diventato magnifico rettore dell’Università degli studi nel 2012, entrando in carica nel novembre dopo aver cercato, più di tutti, di far valere il proprio diritto a candidarsi e a cambiare guida all’Ateneo, ponendo fine al plurimandato di Ferretti, in carica dal 2000.

Direttore del Dipartimento di Medicina, Borghi aveva battuto l’ex preside di Architettura Ivo Iori per quasi 200 voti, ottenendo 523 preferenze, dopo che nel secondo turno della corsa elettorale si erano ritirati gli altri candidati Antonio Montepara, Guido Cristini e Roberto De Renzi.

Borghi si era già candidato nel 2000 al rettorato, arrivando secondo a Ferretti. Il nuovo rettore entrerà in carica ufficialmente il primo novembre, ma nel suo discorso dopo la proclamazione ha dichiarato pubblicamente che chiederà al rettore in carica Ferretti di non prendere decisioni strategiche per l’Università senza coinvolgerlo in questo periodo intermedio di passaggio.

Lo scandalo per le nomine in ospedale – Il 6 gennaio 2016 deflagrò la bomba,   concorso in abuso d’ufficio: questa l’accusa contestata all’ex rettore dell’Universita’ di Parma, Loris Borghi, a Tiziana Meschi e all’ex direttore generale dell’azienda ospedaliero-universitaria Leonida Grisendi.

La “nomina” sotto la lente di Finanza e Procura, quella della Meschi a capo del reparto di Medicina interna e lungodegenza clinica, poi alla guida del dipartimento medico geriatrico riabilitativo. La prima nomina necessaria per ottenere la seconda, arrivata due mesi dopo l’insediamento nella prima, nel febbraio 2014. Tutte a pioggia, appena dopo l’insediamento di Borghi nella stanza dei bottoni, in università.

Ruoli ricoperti da Borghi, nel mentre divenuto Rettore dell’Università. L’allieva che prende il ruolo del maestro, una “conoscenza trentennale fatta di stima reciproca” dicono loro, “sono conviventi” dice l’accusa, fatta di testimonianze e celle telefoniche che ne attestano la vita comune, ma anche di pruriginosi pettegolezzi sotto le luminarie a festa

Secondo l’accusa, vi erano altre persone più accreditate, per questi ruoli. Ma Borghi voleva la Meschi, prima ricercatrice poi professore aggregato, e avrebbe imposto a Grisendi, deputato per legge a farlo, di effettuarne la nomina. 

Per questo Borghi e la Meschi vennero rinviati a giudizio nel luglio del 2017.

Il 9 Maggio 2017, l’inchiesta Pasimafi – Nel super scandalo sulla terapia del dolore, l’ultilizzo di pazienti come cavie e su alcune nomine pilotate al Maggiore in cambio di denaro, compariva anche il nome di Borghi.

Nelle intercettazioni dell’inchiesta che portò in carcere Guido Fanelli, luminare della terapia del dolore, i suoi sodali e gli esponenti di case farmaceutiche e aziene mediche, Borghi pronunciava frasi come Borghi: “..mi è venuta voglia di fare un blitz, il blitz si chiama Massimo Allegri”.

Per quelle accuse, Borghi fu rinviato a giudizio nel gennaio 2018 per abuso d’ufficio.

Le dimissioni, con una lettera, il 15 Maggio – “Avrei potuto addurre motivi di salute, visto che è di dominio pubblico il mio recente infarto del miocardio. Ma non lo farò – scrive tra l’altro Borghi -. La vera motivazione è che sono scese ombre su chi rappresenta l’Università e l’Università non può attendere se e quando tali ombre si dilegueranno. Sottolineo che non mi dimetto perché è accusato Loris Borghi, ma presento le dimissioni perché è accusato il Rettore dell’Università di Parma”.

“Spero che questo mio gesto lavi le maldicenze e il fango che hanno colpito l’Ateneo di Parma, dall’esterno e talora anche dall’interno”. “Atti gravi e imperdonabili di singoli individui non devono trovare la comunità impreparata a enuclearli, estinguerli, annientarli”.

“Non vi è dubbio – aggiungeva – che nel fare ho commesso errori, ma una cosa è certa: io e l’Università in quanto Istituzione non abbiamo avuto nulla a che fare con ciò che è emerso dall’inchiesta ‘Pasimafi’, nella mia vita non ho mai rubato un euro, mi sono sempre comportato come un servitore dello Stato, ovunque sono arrivato ho cercato di migliorare le cose e di aiutare, in trasparenza e legittimità, le persone meritevoli, nella ferma convinzione che le persone sono il cardine e la vera forza di successo di una struttura pubblica o privata che sia”.

La lettera si concludeva così: “Lascio da uomo semplice e libero, come sempre sono stato, senza rancori né dietrologie, e auguro buon lavoro e maggior fortuna a chi mi seguirà”.

Borghi sembrava ormai, ai suoi amici e conoscenti dell’Università, un uomo avvolto nella depressione. Che aveva pensato al prepensionamento per occuparsi di questo pesante percorso giudiziario. Aveva lasciato tutte le sue cariche e impegni. Ma oggi le forze per affrontare questa bufera gli sono mancate. Con un taglio alle vene ha posto fine alla sua vita sul ciglio del fiume Parma, in località Baganzola, dove viveva.

Mercoledì pomeriggio, sotto un ponte di Baganzola, l’ultimo colpo di scena della sua vita. 

 

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