Nasce anche a Parma “+ Europa con Emma Bonino”: il partito “unico e in controtendenza” per il federalismo. Pizzarotti sarà il primo firmatario

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Nasce anche a Parma il comitato per il partito “+Europa con Emma Bonino: per un’Italia più libera e democratica”.

Presentato questa mattina presso il Workout Pasubio, il partito nasce dall’incontro ideologico e politico dei Radicali, che verrà rappresentato a livello nazionale da Emma Bonino, fotografia vivente della storia radicale in Italia negli ultimi 60 anni, e Riccardo Magi, con il partito presentatosi alle ultime elezioni europee, Forza Europa, che verrà rappresentato a livello nazionale da Benedetto Della Vedova. 

Presenti alla conferenza di presentazione il radicale eletto nella lista di Effetto Parma, Marco Maria Freddi, la presidentessa di Liberamente radicali, Claudia Olivotti, il rappresentante di Forza Europa, Stefano Secchi, l’attivista dei radicali, Michele Poccecai.

Dal 3 gennaio partiranno i banchetti itineranti per la raccolta firme. Sono infatti 25 mila le firme che il nuovo partito dovrà raccogliere entro 25 giorni per potersi presentare alle prossime elezioni. La firma non è promessa di voto, ma, come stabilito per legge per tutti i partiti, permetterà a +Europa di presentare la propria lista.

Nel collegio elettorale di Parma dovranno esserne raccolte almeno 450. E il primo firmatario sarà proprio il sindaco Federico Pizzarotti. 

Unici e in controtendenza” spiega Freddi “Perchè? Perchè siamo gli unici a parlare di più europeismo e di un sistema federale che si ispira all’ideologia di Spinelli. Nessun problema oggi è risolvibile a livello nazionale. Il capro espiatorio di moltissimi politici Italiani è proprio l’Europa. I problemi sono comuni, solo insieme si possono affrontare. La situazione odierna è stata portata, non da troppa ingerenza europea, ma dalla mancanza di deleghe fondamentali all’UE. Viviamo una continua distorsione delle informazioni, e lo vediamo per esempio con la questione del debito pubblico che ci siamo creati da soli, come Italia, non ci è stato imposto dall’UE”. “La nostra sfida- continua Poccecai -è superare gli egoismi degli stati nazionali”. “L’identità statale infatti – conclude Olivotti – si ritrova aprendoci al mondo, non certo chiudendoci nel sovranismo”.

Tra le proposte presentate, +Europa, chiederà una riforma “totale” del sistema welfare che oggi “tutela chi è già garantito, abbandonando i giovani che sono invece il futuro” spiega Freddi. Alla proposta di riforma ha contribuito anche l’assessora alle politiche sociali del Comune di Parma, Laura Rossi.

LE LINEE DI +EUROPA- Poche ma chiare le linee programmatiche del novo partito: “Un’Europa per il benessere e contro la povertà, per le libertà fondamentali e contro ogni forma di discriminazione, per l’accoglienza e l’integrazione con regole certe e contro l’indifferenza, per la sicurezza e contro il terrorismo. Un’Europa votata all’innovazione tecnologica e alla ricerca scientifica, alla valorizzazione del patrimonio storico e ambientale, alla tutela della concorrenza in un mercato aperto e alla creazione di opportunità e lavoro.

Un’Europa capace di scommettere sulle future generazioni senza ipotecarne il domani creando ulteriore debito pubblico.

Un’Europa che di fronte al riemergere di nazionalisti e indipendentisti riconosca nel federalismo la strada più efficace per promuovere la ricchezza delle città e delle comunità locali. Un’Europa fondata sulla partecipazione dei cittadini, che si faccia baluardo nel mondo di apertura, libero commercio, diritti umani e civili”.

Oltre all’aspetto politico sorge anche un altro aspetto elettorale. Come spiega Marco Maria Freddi, “durante l’incontro tra Più Europa e il Presidente della Repubblica Mattarella, Emma Bonino, Benedetto Della Vedova e Riccardo Magi hanno avuto modo di rappresentare al Presidente le difficoltà che la lista +Europa con Emma Bonino incontrerebbe se scegliesse di partecipare alla competizione elettorale apparentandosi con altre liste. Queste difficoltà hanno come causa un’interpretazione surrettizia della legge elettorale, interpretazione che vorrebbe imporre di raccogliere le firme a supporto della lista soltanto dopo l’apparentamento e la definizione dei candidati nei collegi uninominali – nonostante la legge permetta l’apparentamento solo pochi giorni prima del termine per la presentazione delle liste. Ci mancherebbe insomma il tempo materiale per raccogliere le firme necessarie (necessità, lo ricordiamo, che hanno coloro che non hanno rappresentanti in Parlamento, come solo noi o quasi). Il nostro impegno proseguirà dunque affinché venga assicurato, a noi e a tutti, un accesso su basi paritarie alla competizione elettorale”.

Il Comitato +Europa Parma invita quindi tutti i cittadini interessati a sostenere la lotta, nonché la proposta politica europeista, liberale e in difesa dei diritti civili. Si può comunicare la propria disponibilità a firmare per la lista di Emma Bonino, scrivendo a parmapiueuropa@gmail.com o contattandoci la pagina Facebook https://www.facebook.com/piueuropaPR/

1 commento

  1. Ettepareva !! Più Europa è il dogma del capitalismo neoliberista, anche se …
    Non vi è traccia di democrazia nella struttura istituzionale dell’Unione Europea. Nessuna delle istituzioni importanti dell’Unione è elettiva: solo il Parlamento Europeo lo è. Tuttavia il Parlamento Europeo non può proporre leggi e non può approvarle da solo: gli è riservata la cosiddetta procedura di co-decisione. Nell’Unione Europea le leggi vengono scritte da tecnocrati non eletti (ad es. la Commissione Europea).
    L’intero edificio dell’Unione Europea si regge su una serie di trattati (Maastricht del 1992, Lisbona e Velsen del 2007) imposti ai popoli europei nel più antidemocratico dei modi, senza adeguata informazione, senza alcuna consultazione popolare, o, peggio, disattendendo la volontà popolare chiaramente espressa nei referendum (come accadde in Francia e in Olanda nel 2005).
    Solo per citare qualche esempio delle numerose voci di dissenso che da subito si sono levate contro l’Unione Europea, Anne-Marie Le Pourhiet, giurista ed insegnante di diritto pubblico all’Università di Rennes, ha scritto all’indomani di Lisbona: “L’Unione Europea è antidemocratica. […] Il Trattato Europeo, detto anche Trattato di Lisbona, dal nome della capitale dove i governi europei si sono radunati non già per approvarlo, ma per ratificare a scatola chiusa un’approvazione decisa a porte chiuse dalla citata combriccola dell’Unione, sancisce quindi la fine della democrazia.” Il parlamentare europeo danese Jens-Peter Bonde ha affermato: “i primi ministri erano pienamente consapevoli che il Trattato non sarebbe mai stato approvato se fosse stato letto, capito e sottoposto a referendum. La loro intenzione era di farlo approvare senza sporcarsi le mani con i loro elettori”. Il nostro Giuseppe Guarino dichiarò nel 2008: “Il trattato viola almeno due articoli della Costituzione italiana, l’articolo 1 (“La sovranità appartiene al popolo”) e l’articolo 11 (l’Italia “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie”).
    Ma l’aspetto più distruttivo dell’UE è senz’altro quello economico: il sistema dell’euro priva completamente gli Stati della sovranità monetaria, cioè del controllo sull’emissione del denaro e sulla spesa pubblica, delegando interamente questa funzione alla BCE (Banca Centrale Europea), la quale per statuto NON può intervenire in soccorso degli Stati in difficoltà. Pertanto i Paesi dell’Eurozona, per finanziare pensioni, istruzione, trasporti, ecc., devono andare a chiedere in prestito il denaro presso banche, fondi pensioni, gruppi di affari privati: denaro che verrà dato in prestito in cambio di interessi crescenti in proporzione alla difficoltà economica del Paese, secondo la migliore tradizione dello strozzinaggio.
    I cosiddetti “parametri di Maastricht”, aggravati dalle restrizioni contenute nel trattato Fiscal Compact, impongono alla spesa pubblica vincoli assurdi: il 3%, o addirittura lo 0,5% – una soglia completamente irrealistica – per il rapporto deficit/PIL e il 60% per il rapporto debito/PIL, oltre al castrante “pareggio di bilancio”, che vieta la spesa pubblica “a deficit” contraddicendo clamorosamente l’art. 38 della nostra Costituzione; tali vincoli, a parere di eminenti economisti, sono non solo destituiti di qualsiasi fondamento teorico o empirico, ma anche basati su calcoli matematici a dir poco discutibili, come quelli di Ken Rogoff e Carmen Reinhart, recentemente contestati anche dal premio Nobel Paul Krugman.
    In nome di questi parametri del tutto arbitrari i Paesi dell’Eurozona dovranno subire manovre di mannaia sociale per recuperare ogni anno dal paese decine di miliardi di euro che verranno risucchiati dai servizi e dalle persone o ottenuti tramite svendite di quel che resta del patrimonio pubblico (le tanto decantate “privatizzazioni”) e spediti ai detentori del debito pubblico (grandi banche, ecc.): e tutto questo, ai sensi del Fiscal Compact, per i prossimi venti anni.
    La galleria degli orrori UE è ben lungi dall’esaurirsi qui, potendo vantare creature come il M.E.S. e l’E.R.F. L’ultimo mostro partorito dagli instancabili Frankenstein dell’euro è il cosiddetto “Two Pack”, che dal 30 maggio 2013 assegna direttamente all’Ue la facoltà di imporre modifiche alle finanziarie dei singoli Paesi, di fatto commissariandoci.
    Chiunque, poi, abbia una sia pur sommaria nozione dell’equazione dei “saldi settoriali”, sa che il “pareggio di bilancio”, vietando la spesa governativa “in deficit” tipica dei Paesi con sovranità monetaria (che, lo ricordiamo, non crea debito), condanna i privati a farsi carico dell’intero onere della spesa pubblica.
    Inoltre, non essendo possibile ai privati stampare denaro, in mancanza della spesa governativa “in deficit” esiste solo un’altra fonte di approvvigionamento di denaro, ed è il commercio con l’estero. Questa logica dell’export-a-tutti-i-costi ha indotto nazioni come la Germania, già enormemente avvantaggiate dal cambio fisso intra-euro e dall’impossibilità della svalutazione, a praticare una politica di deflazione salariale che, abbassando il “costo del lavoro” (cioè i salari), ha reso le loro merci più competitive sul mercato.
    Chi entra nella logica perversa di scaricare i costi della crisi sui lavoratori intraprende una gara al ribasso definita da Mario Monti (purtroppo senza ironia) “cinesizzazione” del lavoro in Europa ed accetta come inevitabile corollario anche il ricorso ad un’elevatissima disoccupazione, come mezzo di ricatto e di pressione su coloro che ai sensi dell’art. 1 della Costituzione dovrebbero esercitare la Sovranità ed invece sono ridotti al rango di schiavi.
    L’Unione Europea non può neppure essere definita fascista: Mussolini infatti, nel timore di una sollevazione popolare, introdusse le basi di ciò che oggi chiamiamo Welfare, investendo in infrastrutture e nella bonifica del territorio; l’Eurosistema, invece, non solo non prevede nulla di tutto ciò, ma sta rapidamente precipitando i suoi popoli nel baratro della disoccupazione, della miseria, dell’emigrazione: che non si tratti di un “errore di calcolo”, ma di una strategia ben precisa, è ormai opinione diffusa anche in ambienti non sospettabili di complottismo, come dimostra il recentissimo articolo di Krugman apparso sul New York Times, nel quale l’economista americano afferma a proposito della Commissione Europea: “Non è una questione di rigore nei conti pubblici, non lo è mai stata. Lo scopo è sempre stato usare lo spauracchio ingigantito dei pericoli del debito per smantellare lo Stato sociale.”
    La logica che guida l’Unione Europea non è quella del fascismo, ma, come scrive Francesco Maria Toscano, quella aberrante dell’eugenetica darwiniana: “i media definiscono crisi economica un progetto razionale e consapevole finalizzato al ridisegno della società europea in senso barbarico e pre-illuministico, elaborato, guidato e imposto da una élite tecnocratica, cementata da comuni radici massonico-reazionarie, che opera al riparo di una costruzione istituzionale di fatto antidemocratica e irresponsabile per obbligare i singoli Stati membri ad attuare con la forza dell’intimidazione riforme in grado di accelerare la rapida destrutturazione del sistema sociale europeo, aumentare le disuguaglianze e selezionare la specie.”

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