Aeroporto al capolinea – Il sindaco si impegni per le vere emergenze infrastrutturali

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Invece di continuare a lanciare inutili appelli per una infrastruttura in perdita e senza futuro come l’aeroporto, il sindaco Pizzarotti farebbe bene a preoccuparsi della progressiva marginalizzazione viabilistica e ferroviaria a cui stanno andando incontro la città e il suo territorio.

 

Che la società aeroportuale non abbia più futuro lo certificano i dati di bilancio, con 7 milioni di euro di perdite negli ultimi due anni, e gli stessi soci privati di maggioranza che hanno risposto per meno di 1 milione di euro all’aumento di capitale di 15 milioni che doveva sostenere il nuovo piano di rilancio fondato su un mix di voli passeggeri, privati e cargo.

Questa mancata risposta è arrivata nonostante la disponibilità della Regione ad investire 12 milioni di euro nell’ampliamento della pista a fronte di un piano industriale credibile e sostenibile.

Se però sono i soci di maggioranza per primi a non crederci, è evidente che quel piano non sta in piedi e, anche se piacerebbe a tutti avere un aeroporto internazionale e voli comodi per i luoghi di vacanza, non ha senso continuare ad accanirsi su una infrastruttura in perdita cronica da decenni cercando strade improbabili per aggirare i vincoli di legge e buttare del denaro pubblico nella gestione.

Anche perché i veri problemi e le urgenze infrastrutturali sono altri. Mentre infatti si dibatte di aeroporto, Parma scivola sempre più ai margini delle direttrici nazionali di trasporto stradale e ferroviario fino a rischiare un vero e proprio isolamento.

Allo stato attuale, i collegamenti stradali con la sponda lombarda sono di fatto interrotti: il ponte di Casalmaggiore, sul quale in una settimana transitavano più persone che in un anno passeggeri all’aeroporto, è chiuso. Il finanziamento concesso dal governo, grazie all’impegno dei parlamentari, consentirà di riaprirlo nel 2019, ma non sarà risolutivo: sul medio periodo c’è infatti bisogno di una completa ricostruzione. L’altro ponte, quello di Ragazzola, presenta anch’esso problemi strutturali ed è transitabile solo per il traffico leggero e a senso unico alternato.

La linea ferroviaria per Piadena, che attraversa le più importanti aree industriali della provincia e che potrebbe essere sfruttata come corridoio merci per il Brennero, si scopre ora essere vecchia e inadeguata, priva di elettrificazione, servita da motrici diesel vecchie e inquinanti, con stazioni cadenti e non presidiate. Lo stesso vale per le linee per Cremona e per Suzzara.

Non va molto meglio con i collegamenti per il territorio reggiano garantiti principalmente da due ponti stretti e inadeguati (Ponte d’Enza e Sorbolo) che alla prima piena dell’Enza devono essere chiusi. Quanto al progetto di ponte della Cispadana, che dovrebbe collegare l’Asolana a Brescello, unendo peraltro tratti già in parte realizzati, non c’è ancora traccia di finanziamento, nonostante sia inserito tra le opere prioritarie del Piano regionale dei trasporti.

Tornando ai collegamenti ferroviari, il raddoppio della pontremolese nel tratto Parma-Fornovo, a suo tempo in parte già finanziato, continua a restare al palo. Per andare in treno a La Spezia ci vogliono due ore, come sessant’anni fa, e sull’Autocisa continuano a circolare camion per trasportare container che andrebbero invece caricati sui treni.

C’è poi la questione dei treni ad alta velocità, certamente molto più strategici dell’aeroporto. Le interconnessioni costate decine di milioni di euro sono a tutt’oggi ancora inutilizzate, nonostante il traffico e la domanda sia in costante crescita.

In questo scenario di marginalizzazione l’unico cantiere che avanza, in modo assurdo e paradossale, mangiandosi campagna e territorio è quello del moncone autostradale che collegherà Ponte Taro a San Quirico sfociando nel nulla. Un’opera che, comunque la si pensi sull’utilità e l’impatto ambientale, non avrebbe mai dovuto partire senza garanzie di finanziamento per il suo completamento compreso l’attraversamento del Po, per il quale ad oggi non esiste né un progetto, né un euro stanziato.

Questa situazione di progressivo isolamento infrastrutturale non è certo responsabilità diretta di Pizzarotti e dell’attuale amministrazione comunale. E’ il frutto di tanti fattori che si sono sovrapposti negli ultimi venti anni: di scelte miopi fatte da chi ha governato la città e la Provincia in nome di un’idea di sviluppo obsoleta e di una grandeur parmigiana mal riposta, la stessa che partorì il progetto della metropolitana; di una storica mancanza di peso politico di Parma a livello di governo centrale; di una pessima riforma delle Province, rimasta per di più incompiuta, che in tutto il paese sta portando al deterioramento, quando non al collasso della rete viabilistica provinciale. Fattori molto trasversali, che non riguardano unicamente la politica, e su cui sarebbe ora di fare un bilancio delle responsabilità.

Ma di sicuro l’amministrazione Pizzarotti non ha fatto nulla per invertire la tendenza nonostante il Comune capoluogo, con lo svuotamento delle Province, sia di fatto diventato il principale riferimento politico ed istituzionale per l’intero territorio.

Con tutti i viaggi che Pizzarotti fa a Roma per lanciarsi sul piano nazionale, non risulta che fosse al tavolo con il Ministero per la riapertura del ponte di Casalmaggiore, quasi che fosse un problema di Colorno.

L’impegno per portare i treni ad alta velocità a Parma, così come quello per recuperare i fondi stanziati per il raddoppio del tratto cittadino della Pontremolese, non si è visto, nonostante le sollecitazioni e le mozioni votate all’unanimità dal Consiglio comunale.

E lo stesso si può dire per il completamento della Cispadana senza il quale il moncone autostradale della TiBre, a cui Pizzarotti sindaco non si è opposto quando aveva il potere di farlo, diventerebbe un’opera da barzelletta, da ennesimo servizio di Striscia, se non fosse per i costi e l’impatto che ha comportato.

Il sindaco di una città come Parma non può guardare solo all’orizzonte del proprio mandato e limitarsi al perimetro dei propri compiti e confini amministrativi, come accaduto negli ultimi cinque anni.

Pizzarotti, invece di fare appelli buoni solo per accontentare qualcuno e prendere un titolo sul giornale, faccia davvero il Sindaco per la città e per il suo territorio, si preoccupi delle prospettive future di sviluppo nel medio termine, sfrutti il suo ruolo in ANCI e il suo riconosciuto peso politico nazionale per raddrizzare, insieme agli altri sindaci e rappresentanti del territorio già su questo impegnati, una situazione infrastrutturale che rischia di relegarci ai margini.

E per quanto concerne l’aeroporto si preoccupi soprattutto del futuro di chi ci lavora.

Nicola Dall’Olio

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