Caterina Bonetti, “eretica” del Pd: “Vi presento ReteDem, l’ideologia prima del partito”

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Dall’ideale a ReteDem, dalla politica nel PD all’ “eresia” di credere nelle ideologie più progressiste, proiettate verso una piattaforma di dialogo libero su testamento biologico, famiglie arcobaleno, cittadinanza.

Caterina Bonetti, 33anni, l’ideale per politica prima ancora che la politica per ideale, presidentessa dell’assemblea comunale del PD, ma anche coordinatrice provinciale di ReteDem ci racconta il successo di portare a Parma l’assemblea che trasformerà l’ala progressista del PD in associazione.

Inevitabile un’analisi sulle amministrative non vinte (o perse) con Scarpa, e uno sguardo sul futuro, con il pericoloso “amoreggiare” del suo partito con il sindaco di Parma, Federico Pizzarotti.

Partiamo dalla fine. Cosa è ReteDem?
“E’ una corrente interna al PD, nata dall’esigenza, anche in seguito all’uscita di Civati dal partito, di aggregare gli iscritti che si riconoscevano in un percorso valoriale di sinistra e progressista. Sentivamo il bisogno di trovare un contenitore aperto anche a contributi esterni dove si potesse discutere di temi “scomodi” come il testamento biologico e le famiglie arcobaleno, ma anche di questioni ambientali, di lavoro, di sociale con un punto di vista un po’ più “audace”.
Siamo la corrente “eretica”.

ReteDem è nata nel luglio 2015, portavoce nazionale è Sergio Lo Giudice, senatore, difensore dei diritti LGBT, presidente onorario dell’Arcigay”.

“Rete” perchè?
“Perchè il movimento vuole aggregare, in modo trasversale, chi condivide questi ideali. Cerchiamo di portare avanti un dialogo aperto e ampio, anche con quelle associazioni che, di recente, faticano di più a relazionarsi col partito, come il sindacato, l’Anpi…”.

Come ne sei diventata coordinatrice provinciale?
“E’ venuto in modo molto semplice, lineare. Inizialmente facevo parte del coordinamento di Civati, poi, quando c’è stata la scissione…è stato un processo naturale, e sono diventata coordinatrice. A Parma siamo una cinquantina, a livello nazionale un migliaio, forti in Emilia, Piemonte, Lombardia e Puglia soprattutto”.

La grande novità è che diventate associazione.
“Sì. Prima ReteDem era una corrente interna al PD. Nonostante la spinta al dialogo erano gli iscritti al PD sostanzialmente gli aderenti. Divenendo associazione potrà ora invece raccogliere proprie iscrizioni, anche tra simpatizzanti che condividono percorso e ideali ma non sono necessariamente iscritti al partito democratico: dialogheremo con chiunque condivida le nostre idee, saremo un laboratorio politico aperto”.

E l’assemblea si terrà a Parma?
“Sì, ed è una grande soddisfazione. Saranno tre giorni, 29, 30 settembre e primo ottobre all’Arci Colombofili. Il venerdì sarà dedicato all’assemblea costituente e alla elezione degli organismi. Il sabato sarà il giorno più ricco, con una serie di Worshop tematici. Al mattino si discuterà di cittadinanza con ospiti fra i quali Monica Cirinnà (“mamma” della legge sulle unioni civili) e Nando Dalla Chiesa, poi un workshop sull’economia con Walter Tocci, Cesare Damiano, Filippo Taddei. E dopo le 17, ecco Graziano Del Rio, Giuliano Pisapia e il ministro Orlando, moderati da Lucia Annunziata. Poi la Festa per l’Europa, e ancora, domenica mattina, si parlerà di sviluppo ambientale ed ecosostenibilità”.

Come è stata scelta Parma?
“Perchè è una città politicamente vivace, dove si lavora con pragmatismo, c’è voglia di fare le cose e farle bene. Evidentemente queste cose servono”.

Che ruolo avrà Caterina Bonetti?
“Sono disponbile per lavorare, coordinare, portare avanti quanto iniziato. Se serve, insomma, sono a disposizione”.

Con quali ali del PD dialogate in città?
“Al congresso ReteDem ha aderito alla mozione Orlando, quindi anche a livello locale abbiamo fatto gruppo con chi si è riconosciuto con questa proposta. Cerchiamo però il dialogo con tutti, anche con la componente di maggioranza renziana, ma chiaramente i riferimenti principali sono nella orlando”.

Veniamo a Parma, dove il Pd a sostenuto Paolo Scarpa. Come si concilia “il lato eretico” alla coabitazione con una corrente molto moderata e tradizionalista come quella da cui proviene Giuseppe Pellacini?
“Le due cose non sono inconciliabili. Era difficile, certo, ma ci siamo seduti a un tavolo con chi per cinque anni aveva fatto con noi opposizione in Consiglio comunale per cercare di elaborare una proposta nell’interesse della città, a prescindere da rigidi schieramenti nazionali che, non sempre, dal punto di vista delle esigenze amministrative locali, sono dirimenti. Penso a temi come servizi alle famiglie, scuole, tutela dell’ambiente, sicurezza delle strade, rilancio del territorio: sono questioni sulle quali sarebbe importante cercare di aggregare visioni e progetti utili per la città piuttosto che correnti o apparteneze. Per Parma insomma valeva la pena. Senza dimenticare i percorsi fatti dai gruppi di opposizione e l’autonomia di scelta dei partiti della coalizione nell’elaboraizone delle liste”.

Facciamo un passo indietro. Il risultato elettorale…
“E’ stato fatto un lavoro importante, e la città lo ha riconosciuto. Se consideriamo in termini di preferenze il riscontro che hanno avuto i candidati che hanno lavorato con la segreteria in questi anni, penso ad esempio alla Ilari, ai giovani Broso e Oluboyo (alla loro prima esperienza), alla Reverberi e alla Iovino, anche senza considerare i risultati mio e di Lavagetto, direi che non è mancato un grande segnale di fiducia nei confronti di chi in questi anni si è speso quotidianamente. Questo nonostante la difficile situazione nazionale del PD in tutte le amministrative. Non è usuale per una segreteria comunale. E vabbè che possiamo avere tanti amici, ma…c’è di più”.

Però il gran lavoro non è bastato a vincere.
“Siamo partiti tardi. Come segreteria avevamo chiesto ripetutamente e con forza che le primarie si facessero in autunno, ma c’era chi sosteneva che fosse impensabile muoversi prima del referendum nazionale e se non avessimo fatto uno sforzo di mediazione allora sì che sarebbe stato ancora più complesso il percorso. Ma la politica richiede tempi lunghi, anche per le scelte dei candidati, e indipendentemente dalla ricomposizione delle famigerate aree. Che poi qualcuno sostenesse la possibilità di una scelta unitaria stupisce a posteriori: se avessimo trovato l’unitarietà i nomi sarebbero emersi e non ci saremmo trovati a parlare da subito di ricomposizioni. Il PD da sempre ha molte anime, il che è una risorsa, ma se non lavorano allo stesso obiettivo convintamente…”

Che ne sarà ora del PD, da qui alle prossime amministrative?
“Molto dipenderà da quanto accade nel nazionale. Serve una svolta di umiltà, cambiare registro, ritrovare i rapporti con le categorie con cui si sono messe barriere invece che ponti. Non ho visto questo atteggiamento nel dopo congresso e se non sarà così sarà durissimo rapportarsi con i cittadini. Quello che spero è che i giovani con cui ho condiviso un pezzo di strada importante fino ad oggi continuino a crescere, a lavorare, a crederci. Che non si stufino insommma. E spero che alla prossima tornata siano in tanti a spendersi in lista”.

E sul rapporto Pizzarotti – PD…
“La vicinanza è innegabile, a Roma una parte del partito già simpatizza per lui. Non mi stupirei se…”.

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