Turco e gli altri: dal 2005 in Via Burla nove suicidi, tre morti sospette, sette decessi per malattia

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Nove suicidi e tre morti sospette nel carcere di Via Burla dal 2005 ad oggi, su diciannove  decessi totali nel locale penitenziario.

Numeri anche “bassi”, confrontati con quelli italiani: dal 2000, al 10 luglio 2017, in Italia si sono registrati 2.762 morti in carcere di cui 960 per suicidio.

Numeri cui si aggiunge quello di Samuele Turco, che si è impiccato martedì sera nella cella in cui era rinchiuso, in isolamento.

A un cittadino tunisino, dal nome sconosciuto, 42enne, morto il 28 ottobre del 2005, ha fatto seguito il 27 ottobre 2009 quello di Francesco Gozzi, 52 anni, ritenuto affiliato al clan ‘ndranghetistico Latella di Reggio Calabria, che si è impiccato mentre scontava una condanna all’ergastolo in regime di 41 bis. L’uomo, si è tolto la vita intrecciando alcuni fogli di giornale in modo da formare una specie di corda.

Pochi mesi prima, era toccato a Camillo Bavero, 49 anni: sulla sua morte la Procura aprì un’inchiesta per istigazione al suicidio. Bavero infatti prima del suicidio aveva ottenuto l’affidamento ai servizi sociali e stava per uscire dal carcere. L’uomo, che era affetto da problemi psicotici gravi, aveva tentato il suicidio già altre volte. I familiari sostengono che, proprio sulla base di questi ripetuti tentativi di suicidio, Bavero non avrebbe dovuto essere in isolamento. “Impiccamento atipico e incompleto, cioè con gli arti inferiori poggianti sul pavimento”: così recitava la perizia medico-legale chiesta dalla procura di Parma.

Il 6 novembre dello stesso anno un’altra morte sospetta, quella di Giuseppe Saladino, 32 anni: si parlò forse di violenze subite in carcere dal ragazzo, appena rientrato da un permesso premio, o di un abuso di farmaci. Non proprio un suicidio, ma una morte indecifrabile.

Il 15 marzo 2011 aveva optato per il suicidio un 25enne albanese, mentre il 22 agosto dell’anno prima si era tolto la vita impiccandosi Matteo Carbognani, parmigiano, 34 anni. Su otto di pena, arrestato insieme alla moglie e ad altre sei persone per spaccio di cocaina, ne aveva ancora poco meno di due da scontare.

Indecifrabile invece la causa della morte di un cittadino italiano senza nome, sessanta anni, morto il 27 dicembre 2012.

Da accertare anche i perchè della morte di Giuseppe Del Monaco, 33 anni, avvenuta il due giugno dello stesso anno.

Nessun dubbio invece su cosa portò alla morte di Stefano Rossi, 25 anni, il 22 marzo del 2012. Lui il 28 marzo del 2006, aveva ucciso Maria Virginia Fereoli, 17 anni, massacratandola a coltellate. 470 fendenti, da parte dell’ex che si era portato una pistola, un coltello e un nunchako (due bastoni collegati alle estremità con una catena di ferro) per incontrarla. Rossi l’aveva strangolata, uccisa con una stilettata al cuore poi le aveva ricoperto il viso di sputi, sfilandole le scarpe e infilandole i calzini sulle mani. Nella fuga poi, aveva sparato in testa al tassista Andrea Salvarani. Si suicidò, mentre scontava l’ergastolo, soffocandosi con la bomboletta del gas concesso per cucinare, in isolamento.

Ancora in attesa di giudizio, si tolse la vita il 17 gennaio 2014 Gianpiero Locicero, 39 anni, mentre Amedeo Rey, dieci anni di più, l’11 dicembre 2015 decise di “togliere il disturbo” dal centro diagnostico terapeutico dove era recluso per l’assassinio di Fabio De Pandi, il bambino di soli 11 anni ucciso da una pallottola vagante il 21 luglio del 1991 a Napoli nel Rione Traiano durante un conflitto a fuoco tra clan camorristici rivali, da una parte i Puccinelli, a cui apparteneva Rey, dall’altro i Perrella.

Il primo maggio, C.N., italiano, 76 anni, malato e stanco, aveva messo fine alle proprie sofferenze. Pochi mesi dopo, lo ha seguito Samuele Turco, in una lunghissima scia di sangue e domande.

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