Bullizzata perchè disabile: storia di una sedicenne coraggiosa

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Cinzia, il nome è di fantasia, ha 16 anni, e dalla nascita è costretta sulla sedia a rotelle. Ha imparato a convivere con i propri limiti fisici, ma il resto del mondo presunto civile, no. Cinzia frequenta la seconda liceo a Parma.

Quando la classe, tramite la chat di WhattsApp ha organizzato una cena di fine anno, le è stato chiesto di non parteciparvi. Prima, come scusa, le è stato detto “non vogliamo i genitori, e tu hai bisogno di essere accompagnata”, poi “dovremo andare in giro per il centro, tu sei limitata”, poi, ancora, “la cena è saltata”.

Tra una scusa e l’altra asserite dalle compagne, i tentativi di Cinzia di spiegare che “mia madre mica sta li con noi tutta sera, posso uscire con la carrozzina elettrica così giriamo per il centro” e le repliche, sempre più crudeli, fino al “per colpa tua è saltata la gita”.

Poi una raffica di insulti, ingiurie, crudeltà. E la cena rinviata.

Quando Cinzia lo ha raccontato ai genitori, loro si sono rivolti al Provveditore, poi alla polizia postale. Un solo episodio non può essere considerato stalking, per la legge.

Ma resta una ferita aperta. Che Cinzia chiude col sorriso, e la solidarietà di compagne che la sera dopo sono uscite con lei. Non ha perso Cinzia, hanno perso le altre. Abbiamo perso tutti, benvenuti in una società che si presume civile.

 

1 commento

  1. UIL Emilia di Parma
    Sul caso dei comportamenti riservato alla ragazza disabile vogliamo fornire il nostro contributo come organizzazione sindacale.
    Da lungo tempo il sindacato ha messo fra le sue priorità la prevenzione, la cura e l’assistenza delle persone con disabilità, sia civile che da lavoro, attraverso gli strumenti normativi e contrattuali.
    Ma il sindacato ha recepito che ciò non bastava, che occorreva alzare il livello di intervento, al fine di favorire anche il reinserimento a pieno titolo nella società e nel mondo del lavoro della persona disabile.
    Ciò risponde a principi costituzionali, etici e morali a cui tutti dovremmo richiamarci.
    Fa doppiamente riflettere il fatto avvenuto nella nostra città.
    Fa riflettere che questo avvenga (e non sarà un caso isolato!) a Parma, dove l’accoglienza e l’altruismo sono atteggiamenti diffusi e fa riflettere che si rendano responsabili delle giovani donne, fra le quali dovrebbero essere avvertiti con maggiore sensibilità i valori dell’amicizia, del rispetto e dell’educazione.

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