Felino, Rete Ambiente: “No alla cassa d’espansione Baganza, cementificazione a 5 piani”

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Giuliano Serioli, di Rete Ambiente Parma, salvaguardia e sostenibilità del territorio locale, si fa portavoce del comitato dei cittadini di Felino contro la cassa di espansione del Baganza, “una cementificazione alta 5 piani”.

“I cittadini di Casale di Felino hanno avuto notizia del progetto della cassa di espansione sul torrente Baganza soltanto a cose fatte. – scrive Serioli – Ma la normativa europea e nazionale prevede che la consultazione dei cittadini sia contestuale all’elaborazione del progetto ed alla normativa di VIA.

Così non capiscono perché il territorio in cui vivono debba essere messo a soqquadro da una cementificazione alta come un palazzo di 5 piani, con via vai di camion di ghiaia per anni.

Si chiedono come mai lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) non abbia preso in considerazione un progetto preesistente della Provincia, che prevede 3 casse d’espansione lungo l’alveo del torrente tra Calestano e Collecchio. Meno impattante sull’ambiente e sul loro territorio.

Sostengono che la Sia non si sia svolta correttamente: nessuna valutazione di opere alternative.

Lo studio delle 3 casse della Provincia, del maggio 2015, non risulta sottoposto a valutazione comparativa perché la comparazione è stata effettuata tra il progetto preliminare di AIPO e quello definitivo. Eppure la normativa Ue per una Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) include proprio una descrizione delle alternative pertinenti al progetto, come mezzo per migliorare la qualità della valutazione stessa. Perfino lo “Sblocca Italia” prevede che le risorse di contrasto al rischio idrogeologico integrino la mitigazione del rischio con la tutela del territorio.

Inoltre, il Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) stabilisce che le opere di laminazione delle piene, ovvero le casse d’espansione, si integrino con quelle di riqualificazione del territorio, cioè col ripristino dell’alveo del torrente e delle sue golene e con la laminazione naturale delle piene.

Ma da uno studio della Provincia sappiamo che in tutti questi anni le aree esondabili del Baganza si sono dimezzate ad opera di occupazione abusiva di suolo, antropizzazione e cementificazione.

Non solo, la continua ed incontrollata asportazione di ghiaia lungo l’alveo lo ha abbassato di un metro e mezzo trasformando le sue aree laterali in terrazzi pensili. Quando il letto di un fiume si abbassa, altrettanto fa il livello della falda freatica.  In altre parole, l’acqua che scorre nel sottosuolo verso il fiume, trovandolo più basso, si abbassa anch’essa con gravi problemi per il pompaggio dai pozzi e per l’irrigazione dei campi.

E, ancora più grave, si sviluppa il drenaggio delle argille che tendono a comprimersi danneggiando la stabilità degli edifici costruiti sopra. Questo è l’effetto che più temono gli abitanti del Casale, che gli strati profondi delle argilliti risentano dell’abbassamento della falda che un manufatto di quelle proporzioni provocherà fatalmente nel sottosuolo. Ma la sicurezza della città, dopo la piena del 2014, deve essere garantita. Non si discute.

E’ solo un problema di progetto: quale sia meno impattante per il territorio ed altrettanto sicuro per la città.

Diventa un problema di volumi. Quanti metri cubi d’acqua di piena possano essere invasati con la cassa AIPO ( 4,7 milioni di metri cubi) e quanti con le 3 casse ipotizzate dalla Provincia (3,6 milioni di metri cubi).

Solo 1 milione di metri cubi differenza che AIPO afferma necessari per il nodo di Colorno, per far si che la Parma non tracimi nella bassa.

Basterebbe, allora, un piccolo invaso prima di Colorno a risolvere il problema. Al posto di una grosso manufatto 3 piccole casse lungo l’alveo. Perché non se ne è discusso prima? Perché non discuterne ora?

E poi, come abbiamo sempre detto, occorre un progetto che serva a garantire acqua al territorio dell’alta pianura che ne ha sempre più bisognoMa siamo anche certi che si possano spostare fabbriche e case da quei 500 ettari di golena del Baganza persi per l’antropizzazione? Risistemare l’alveo è sacrosanto ma non è possibile farlo con petizioni di principio che non tengono conto di quanto è successo.

Gli amministratori che hanno fatto finta di niente quando si cementava nell’alveo dovrebbero ammettere le loro responsabilità.

Infine, qualcosa di cui nessuno parla, ma noi di Rete Ambiente si: occorre fermare i tagli boschivi in val Baganza.

Tagli rasi del ceduo con abbandono a terra delle ramaglie di cui l’ultima piena si è alimentata. La conservazione del bosco è la garanzia principale contro il tempo di corrivazione dell’acqua piovana lungo i versanti ripidi della val Baganza. Non tagliare i boschi è la condizione fondamentale per impedire le frane e gli effetti di un futuro di piogge sempre più intense in poco tempo. I sindaci della valle devono impedire tagli che fanno solo danni al territorio e non creano economia per i residenti”.

 

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