A tu per tu con Gentian Alimadhi: la sua visione di città che sfida populismi e partiti

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Gentian Alimadhi, 43 anni, avvocato. Tutti lo conoscono come l’immigrato che ha fatto fortuna a Parma. Arrivato appena maggiorenne sopra un barcone dall’Albania trova un lavoro, studia, mette su famiglia e fa carriera. Una di quelle storie che sembra ormai di altri tempi. Gentian ha trovato l'”America” a Parma, ma ora? Ora non si accontenta e tenta un altro grande passo: la corsa alla poltrona da sindaco.

Candidato alle primarie del centro sinistra della città dovrà però prima lottare contro l’ingegnere Paolo Scarpa e l’architetto Dario Costi per essere il volto del PD anche se non ha la tessera del partito. Lo confessa Alimadhi: “Sì, non sono tesserato perché credo che oggi i partiti abbiano perso il loro ruolo di organizzatori di masse. Ho scelto semplicemente il centro sinistra anche se sostengo comunque che il PD sia l’unico che abbia oggi le capacità di prendere in mano il paese nonostante la profonda crisi che sta vivendo”.  E a Parma? “Vorrei dare alla sinistra parmigiana, che da 25 anni non vince le elezioni, un restyling positivo“.

Cosa ti differenzia dagli altri candidati? 

La mia storia personale. E quindi anche la mia visione di città. La mia sensibilità è diversa su temi come immigrazione, integrazione, solidarietà. Viviamo l’immigrazione come un emergenza ma questa deve essere considerata una normalità. Dobbiamo governare questo fenomeno non subirlo. Vorrei quindi promuovere una rivoluzione culturale prima che politica. Vorrei gestire una città ormai multietnica. La mia battaglia sarà avere una vera educazione civica perché tutti devono rispettare le regole se vogliono vivere qua. E con tutti intendo tutti, anche i parmigiani. Credo anche di essere l’unico che sia partito veramente da una spinta dal basso. Come dire? Sono entrato dalla finestra politica, sono un personaggio nuovo. La mia discesa in campo rispecchia a pieno l’articolo 3 della Costituzione.

Parma è pronta a un candidato straniero?

Parma è una città esempio. E’ stata capolista in Italia per il civismo di Ubaldi e ha avuto il primo sindaco grillino di una città importante. Perché non può essere pronta a questo? Se ormai è normale che ci si affidi a professionisti, medici, avvocati stranieri, perché non ci si può affidare ad un “ex straniero” come sindaco? Un sindaco che coltiva un forte senso di appartenenza a questa città che gli ha dato tutto: mi ha permesso di crescere, studiare, avere una famiglia. Io mi sento a casa e se qualcuno dice il contrario allora è solo un problema suo. Parma è casa mia e dei miei figli.

 

Niente tessera del PD ma profondamente di sinistra. Ma cosa sbaglia la sinistra oggi? Di cosa ha bisogno per tornare a vincere?

La sinistra ha un grande bisogno di rinnovarsi. Una sinistra capace di riforme nel consenso, capace di interpretare i bisogni senza adagiarsi nell’ascolto degli umori epidermici. Non una ditta che guarda solo al suo interno ma formazioni aperte per interpretare una società aperta. Serve frenare l’insorgenza dei nazionalismi e conservare gli ideali europei. Parma è ad esempio medaglia d’oro della resistenza, la sua cultura e sentimento prevalsero su fascismo e ignoranza. Vorrei allora che si continuasse a difendere le istituzioni e frenare l’insorgenza dei nazionalismi che oggi assumono nuove forme. Sono temi ormai sotto traccia della sinistra, come se si avesse paura di disturbare. Vorrei che si elaborasse la sconfitta al Referendum costituzionale di cui io ero sostenitore ma che mantenesse l’idea di riforma necessaria. Sono per una sinistra riformista. In queste primarie invece si sta parlando troppo di buche nelle strade e poco di politica.

La tua opinione sull’amministrazione Pizzarotti. Cosa ha sbagliato?

L’ho sempre detto, il sindaco non può pagare per i danni delle amministrazioni passate ma è anche vero che ci sono sindaci che non fanno danni ma non scrivono neanche pagine brillanti nella storia. Penso, e l’ho anche detto a Pizzarotti stesso, che la sua sia un’amministrazione senz’anima. Non mi ha trasmesso una sua visione della città a lungo termine. Una delle mancanze che gli riconosco è non aver rispettato il concetto di “partecipazione”. I comitati dei cittadini volontari hanno fallito come i referendum senza quorum.

Una tua proposta allora per avere la partecipazione cittadina?

Credo che siano inutili i “parlamentini” dei CCV. Serve prima rilanciare il ruolo del Consiglio Comunale, primo luogo di rappresentanza cittadina, poi proporrei di rilanciare una figura già prevista dalla legge: il delegato del sindaco nei quartieri, magari individuato tra i consiglieri. Le sedi dei quartieri devono essere sicuramente recuperate e rinnovate ma devono essere punti d’ascolto. Ad aiutare i delegati le associazioni di volontariato, i circoli culturali, le associazioni sportive e le assemblee parrocchiali. E’ inutile creare nuovi organi, bisogna sfruttare quelli che esistono già, che sono radicati nel quartiere e funzionano. I CCV avrebbero senso in una realtà più grande come le città metropolitane.

Un tema ancora più caldo in questi giorni dopo le aggressioni in via Mazzini. Sicurezza, cosa proponi?

La sicurezza va contestualizzata in un più ampio ambito, quello culturale. Bisogna, sì, rispondere a un bisogno immediato attraverso la repressione ma serve soprattutto curare alla radice con una educazione civica, soprattutto ai giovani. Scuola, famiglia e istituzioni devono insieme farsi carico della formazione dei nuovi cittadini, fornire gli strumenti per essere parmigiani favorendo l’incontro con la tradizione. E chi meglio degli anziani rappresentano la tradizione? E’ importante ricostruire i ponti di dialogo. Bisogna investire su dialogo, ascolto e cultura attraverso dei programmi di inclusione: incontri con anziani, corsi di formazione, promozione dell’insegnamento della lingua italiana. Serve quindi la doppia azione: prevenzione, controlli, illuminazione, telecamere intelligenti accompagnate da un progetto più a lungo termine della formazione civile. La maleducazione dei giovani e stranieri va combattuta col dialogo e la formazione. Sicurezza è solo il risultato di serie politiche giovanili e del lavoro.

I poliziotti della Municipale sono lo strumento dei sindaci quindi serve aumentare i giri delle pattuglie. Inutile avere un presidio fisso nelle “casette”, serve che i poliziotti vadano in giro non che stiano fermi. Servono corsi di formazione e aggiornamento come quelli che fanno i poliziotti di Stato. A fianco delle forze dell’ordine dei gruppi volontari di cittadini. Incentiverei la creazione di associazioni come i City Angels. Credo si possa creare una sorte di SOS: sorveglianza solidale. Il controllo del vicinato va nella direzione giusta ma va ampliato con la presenza delle pattuglie.

Esiste poi un comitato provinciale sulla sicurezza seguito dal Prefetto. Sarebbe utile se a questo comitato potessero partecipare anche le associazioni del territorio e i magistrati.

La differenza tra me e altri è che questi parlano solo di manganelli e repressione ma non hanno proposte che risolvano alla radice.

Immigrazione e accoglienza: cosa può fare un sindaco?

Un sindaco può dire accetto di accoglierne 8 non 10. Ma se il Ministero ne manda 10 abbiamo il dovere di creare le strutture per accoglierli realmente e non lasciarli dormire sotto il ponte Verdi. Nei limiti delle possibilità l’accoglienza va incentivata perché presto sarà la normalità e dobbiamo attrezzarci con sistemi strutturali. E’ una frecciatina alle cooperative che li gestiscono. Serve che queste persone abbiano la giornata impegnata con corsi di formazione, lingua, lavoro volontario. Non possiamo lasciarli stazionare in città senza scopo.

Politiche giovanili, cosa farebbe per i ragazzi?

L’istituzione deve farsi avanti aiutandoli nell’inserimento del lavoro attraverso consulenze, corsi di formazione, mediazione con le imprese. Serve poi promuovere l’aggregazione positiva. Mi piacerebbe poter creare un grosso polo multifunzionale che diventi come Brik Lane di Londra o il Matadero di Madrid. Un polo che accolga i giovani e chiunque sia interessato a uno spazio creativo e di condivisione. Un posto dove si incentivi la musica, la lettura e la cultura del cibo che vantiamo a Parma. Ma non solo parmigiano, è giusto che si conosca la cultura del cibo nel mondo. Un polo del genere lo costruirei nell’area ex Bormioli al posto di centri commerciali inutili.

Tutta la politica amministrativa di una città in fondo si deve concentrare sulla cultura perché una città attrattiva porta non solo turisti ma lavoro e più negozi aperti.

Tornando alle elezioni, chi temi tra i tuoi competitors alle primarie?

Non temo nessuno. Temo invece che il voto che si avrà non sia realmente rappresentativo del candidato migliore o di quello con più capacità. Auspico però lo stesso che possa vincere l’idea di città, la visione migliore.

(Arianna Belloli)

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