Parma, omicidio-suicidio in Via Gibertini: muoiono Arianna Rivara e Paolo Cocconi. Vicino ai corpi un anello

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Tragedia nella notte del 26 gennaio in Via Gibertini 6, laterale residenziale di Via Emilia Est.

Si tratta di un omicidio-suicidio: le vittime Arianna Rivara, parmigiana 43 anni, e Paolo Cocconi, parmigiano, 51 anni.

La donna sarebbe stata uccisa nel corso di una lite, picchiata poi strangolata in un raptus. Sul collo infatti dei segni sul collo che fanno supporre lo strangolamento anche se sarà l’autopsia a confermare la dinamica della morte. Un cocktail di barbiturici avrebbe messo fine invece alla vita dell’uomo. Nessuna arma da taglio o da sparo.

La tragedia  poco prima della mezzanotte: dall’alloggio al terzo piano, ora posto sotto sequestro dopo i rilievi di Carabinieri e polizia scientifica, sono state avvertite forti grida della donna dalle vicine di pianerottolo.

A quel punto, alle 23:40, è partita la chiamata al 112, sul luogo i Carabinieri. Hanno bussato ad ogni porta, ricevendo risposte rassicuranti. Tranne dall’alloggio di Cocconi, dove i Vigili del Fuoco, mentre il campanello trillava a vuoto, sono entrati da una porta finestra, trovando i due cadaveri.

Arianna e Paolo erano distesi a terra in una stanza vicino alla camera da letto. Lui nudo e supino, lei a faccia in giù con una vestaglia.

In casa, su una mensola, un anello di diamanti dal valore di 20 mila euro ritirato da Paolo lo scorso giovedì mattina in una gioielleria del centro e ordinato prima di Natale. Doveva essere un regalo per San Valentino ma qualcosa gli ha fatto cambiare idea chiedendo alla gioielleria di anticipare la consegna. L’uomo sperava che Arianna – che lo aveva lasciato a luglio dopo 13 anni di relazione – tornasse da lui.

La donna viveva a Pedrignano ed era assistente del responsabile del mercato europeo della multinazionale della pasta, Barilla, dove lavorava anche Paolo. Lascia una sorella e una madre, corse disperate sul luogo del delitto all’alba, preoccupate dopo numerose telefonate a vuoto.

L’uomo era appassionato di culturismo dal fisico scolpito, frequentava spesso una palestra in via Venezia. Tifoso del Parma. Un uomo normale e cordiale. Lascia una figlia di 24 anni nata da una precedente relazione, e la madre. La signora ha confermato che i due, conosciutisi in Barilla, si fossero lasciati da poco. Entrambi avevano anche studiano al Melloni.

In casa di Paolo Cocconi sono stati trovati molti farmaci antidepressivi, l’uomo era caduto in una forte depressione da quando a luglio la donna aveva deciso di troncare la relazione. Paolo aveva più volte tentato di convincere Arianna a tornare da lui anche con frasi tipo “se non torni da me mi uccido”. Gli investigatori hanno sequestrato il computer dell’uomo che si trovava nel suo ufficio. Sarebbero state trovate diverse lettere mai spedite alla donna che confermerebbero il senso di disperazione dell’uomo.

IL RACCONTO DEI VICINI DI CASA – “Lui abitava qui da una vita, lo conoscevamo. Una persona come tante, normale, sulle scale “ciao, ciao”, nulla di più. Lei non saprei, aveva una fidanzata storica, ma era finita, ne avevamo viste transitare altre da casa” – dice un ragazzo dai piani inferiori. E sulla tragedia: “Mah, mia figlia ha sentito un grido, poco prima di mezzanotte. Io e mia moglie dormivamo, pensavamo fosse qualcuno in preda a incubi, o una banale lite, non ci abbiamo dato peso. Poi all’una di notte hanno bussato i Carabinieri e abbiamo saputo”.

LE TRE GIOVANI “VICINE DI PIANEROTTOLO” – “Abbiamo sentito delle urla terribili, ci siamo spaventate e abbiamo chiamato i Carabinieri. Dopo 10 minuti sono arrivati con i vigili del Fuoco. E’ arrivata anche la madre della ragazza uccisa, sconvolta. Lui lo vedevamo spesso, lo incrociavamo sulle scale. Lei invece non la vedevamo da un po, ma era la sua fidanzata storica, aveva anche abitato li per un periodo. Poi era sparita, fino a ieri sera”.

Tutti i vicini di casa sono stati chiamati e sentiti in caserma.

I COLLEGHI DI LAVORO- Alcuni colleghi confermano che Arianna e Paolo avevano avuto una relazione importante, durata 13 anni, con alti e bassi. Per un periodo avevano convissuto proprio in quella casa. Si erano già lasciati e rimessi insieme. Lei andava raramente nell’abitazione di lui: i colleghi si sono stupiti che la donna si trovasse in quell’appartamento. Della donna raccontano un grande sorriso e una gentilezza immane, di lui, la normalità. I colleghi parlano di un tentativo assiduo dell’uomo a riappacificarli per tornare insieme. Lei avrebbe rifiutato più volte ma Paolo sarebbe stato insistente a tal punto che Arianna, alle colleghe e amiche, si è lasciata sfuggire che stava diventando uno stalker. In mattinata proprio la Barilla ha emesso una nota per comunicare ai dipendenti l’evento tragico accaduto.

L’ultimo tentativo dell’uomo è stata una proposta di matrimonio con quell’anello che è stato poi ritrovato in casa. Quella notte l’ha invitata a casa sua forse per riproporgli ancora di accettare quel gioiello al dito che sigillasse la relazione. Lei però era decisa ad andare avanti senza di lui. Solo questa è stata la causa della sua condanna. E’ lo stesso scenario descritto ormai troppe volte dalla cronaca nera.

Ora sono alacri le indagini per fare chiarezza sulla tragedia. Un’altro femminicidio a distanza di soli 20 giorni da quello di Kelly e Gabriela e 5 mesi dal delitto di Elisa Pavarani. A coordinare le indagini il sostituto procuratore Paola Del Monte.

Beffarda, l’immagine su Facebook della vittima, “no alla violenza sulle donne”, che il 25 novembre Arianna ha usato come foto profilo.

Caustico il commento del centro Anti violenza dell’Emilia Romagna: “La dinamica segue il copione della violenza maschile. Lui non accetta la separazione, la punisce uccidendola e poi si toglie la vita magari in un incontro ‘chiarificatore'”.

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2 Commenti

  1. Lisa Gattini, segretaria Cgil – “Non accettare l’ultimo appuntamento”
    “Metti una storia che sta per finire, non fra ragazzini, ma fra persone adulte. Per lei è già finita e guarda al suo futuro abitato da altre presenze, da altre aspettative. Ha cercato di spiegarglielo in tanti modi, nei gesti, nei non sorrisi, nella non felicità del suo sguardo cogliendo in lui sempre la stessa maschera di incredulità, di rimozione. Giorno dopo giorno finchè un particolare, un fatto, increspa la rigidità della maschera, una piccola crepa e poi lo squarcio. Come lava erutta la rabbia di chi non sa gestire il rifiuto, di chi è incapace di relazionarsi con la complessità degli esseri umani. Dei manichei delle relazioni. Dei Narcisi patologici. Degli Assassini.

    E come piccoli ragni girano su se stessi in un terreno sconosciuto, tessendo la tela dell’ultimo appuntamento. Quello definitivo, quello che “sarà una svolta”. Non sarà una svolta, sarà solo un orrendo epilogo di una storia. Sarà l’ennesimo massacro.

    Di lei rimarrà una lapide con la data di nascita e morte, e la domanda che non avrà mai risposta sul perché quella fiducia fino alla fine. Forse perchè le donne sono generose e non si sottraggono al dialogo di responsabilità?

    Di lui verrà raccontata la vita, entrerà in una narrazione costruita sui luoghi comuni del caso, che il linguaggio perpetra, e lo scopriremo disperato, folle d’amore, disagiato, “provocato” e ad ogni giustificazione sbiadisce la figurina di lei, si allontana sempre di più anche nel ricordo.

    Ricordiamo molto spesso gli assassini, meno le vittime.

    Non accettate l’ultimo appuntamento. Guardatevi alle spalle. Circondatevi di persone amiche che vi proteggono e denunciatelo. Vorremmo raccontare la vostra, di vita.”

  2. Alfieri: bisogna sostenere una cultura
    Che freni la violenza contro le donne

    L’anno nuovo si è aperto come si è chiuso quello vecchio. E’ passato un mese dal femminicidio di San Prospero e la cronaca dei giornali si apre con un altro femminicidio. Le indagini faranno luce sui particolari della vicenda ma i primi elementi ci dicono che, ancora una volta, siamo di fronte all’uccisione di una donna per mano di un uomo e che i due erano legati da una relazione. Da una parte l’uomo che domina e non si rassegna a una nuova dimensione di vita: dall’altra una donna che esercita il sacrosanto diritto alla libertà.

    La violenza contro le donne che, sempre più spesso, sfocia in un’uccisione è un problema pubblico. E’ la prima considerazione da farsi: siamo di fronte a un fenomeno che ha gravissime ripercussioni e che il problema riguarda tutte e tutti.

    Per questo tutta la città e chi la rappresenta deve farsene carico, immaginare politiche di prevenzione e di contrasto, impiegare risorse per arginare, rivedere, fornire nuovi possibili schemi. Non si deve fare l’errore di relegare il fenomeno a una questione privata: se avviene fra le pareti domestiche (metaforicamente) non ci deve riguardare. In questo modo la gente si sente legittimata a lasciare correre e ad affrontare il fenomeno con risorse residuali.

    Il contrasto alla violenza contro le donne dovrà essere fra i primi argomenti da affrontare in una nuova agenda amministrativa e per il nuovo sindaco: perché prevenire significa entrare nelle scuole, nelle parrocchie, nei centri giovani con progetti che narrino alle ragazze e ai ragazzi, e alle bambine e ai bambini, di una nuova educazione sentimentale intrisa di rispetto, di considerazione, di opportunità; significa attivare e dare realizzazione a un tavolo di lavoro sul tema a cui devono partecipare tutte le istituzioni; significa attivare una rete composta di associazioni, volontari e cittadini che s’impegnino a stare in allerta, a non voltarsi dall’altra parte, a prendere anche su di sé il problema.

    Non dobbiamo permettere che la nostra comunità si ritrovi, sempre e solo, affranta e impotente di fronte a ciò che sta accadendo.

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