Reddito di Solidarietà: da Regione 400 euro al mese. E’ legge. M5S: “Non basta, Isee troppo basso”

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Fino a un massimo di 400 euro al mese per un anno, un sostegno concreto a chi sta peggio per superare le difficoltà economiche personali e del proprio nucleo familiare. Un aiuto a chi prova a uscire da una situazione critica attivandosi in percorsi di impegno sociale, formazione, inserimento lavorativo. E’ il Reddito di solidarietà (Res), introdotto in Emilia-Romagna dopo l’approvazione, oggi in Assemblea legislativa, della legge regionale “Misure di contrasto alla povertà e di sostegno al reddito”, proposta dalla maggioranza, Sel e Pd (primi firmatari i rispettivi capigruppo: Igor Taruffi e Stefano Caliandro), e passata con i sì di Pd e Sel, l’astensione del M5s, il voto contrario di Ln e Fi (Fdi e AltraEr assenti). Uno strumento che potrebbe interessare 80 mila persone, corrispondenti a circa 35 mila nuclei familiari residenti in Emilia-Romagna in condizione di grave povertà. Famiglie composte soprattutto da giovani coppie con tre o più figli a carico, single, anziani con bassissimo reddito e che nel complesso rappresentano quasi il 2% dei nuclei residenti in regione (dati: Università di Modena e Reggio Emilia, ottobre 2016).

Al Reddito di solidarietà sono stati destinati 35 milioni di euro stanziati dalla Giunta regionale che si aggiungo ai 37 milioni che lo Stato ha erogato all’Emilia-Romagna per il Sostegno all’inclusione attiva (Sia), misura attiva di contrasto alla povertà che la legge di Stabilità 2016 ha esteso a tutto il territorio nazionale e che il Res affiancherà e integrerà. Il Reddito di solidarietà regionale amplia però la platea dei potenziali fruitori: nel Sia, infatti, si richiede la presenza all’interno del nucleo familiare di un minore, o di un figlio disabile, o di una donna in stato di gravidanza, condizioni non richieste dal Res, destinato a qualsiasi tipo di nucleo familiare, anche composto da una sola persona, per rispetto del principio universalistico.

L’accesso al Res dovrà essere accompagnato da un progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo, concordato e sottoscritto dai componenti maggiorenni del nucleo familiare, dal referente del Servizio sociale territoriale del Comune competente e, in caso di proposte per l’inserimento lavorativo, dal Centro per l’impiego. La misura dà quindi luogo a un vero e proprio patto tra erogatori e beneficiari: a fronte della corresponsione del contributo economico, ci deve essere uno specifico impegno del nucleo familiare a perseguire progetti di inclusione sociale e lavorativa.

Possono accedere al Reddito di solidarietà i nuclei familiari, anche unipersonali, di cui almeno un componente sia residente in Emilia-Romagna da almeno 24 mesi, con Isee corrente inferiore o uguale a 3mila euro. Nel caso componenti il nucleo familiare percepiscano altri trattamenti economici di natura previdenziale, indennitaria e assistenziale (pensione, accompagnamento, ecc.), il valore complessivo per il nucleo familiare dei medesimi trattamenti nel mese antecedente la richiesta deve essere inferiore a 600 euro mensili. L’accesso al Reddito di solidarietà è incompatibile con la fruizione da parte di ciascun membro del nucleo familiare della Naspi (nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego) o dell’assegno di disoccupazione (Asdi), o di altro ammortizzatore sociale con riferimento agli strumenti di sostegno al reddito in caso di disoccupazione involontaria.

Modalità di erogazione del Res, entro 60 giorni il regolamento attuativo
L’ammontare massimo mensile è pari a 400 euro per nucleo familiare. L’intervento sarà concesso per non più di 12 mesi, superati i quali il sostegno potrà essere richiesto solo trascorsi almeno altri 6 mesi.

La domanda per ottenere il Res deve essere presentata da uno dei componenti il nucleo familiare al Comune territorialmente competente, tramite apposito modello corredato dà tutte le dichiarazioni individuate nel regolamento attuativo. Il Res sarà erogato dai Servizi sociali dei Comuni nell’ambito di un percorso concordato, finalizzato a superare le condizioni di difficoltà del un nucleo familiare. All’interno delle misure del progetto di attivazione sociale assumono rilievo: incontri con il servizio sociale; frequenza scolastica; progetti di ricerca attiva del lavoro e di accettazione di offerte di lavoro; iniziative di prevenzione e cura della salute; sostegno dei minori; cura del proprio alloggio. Nel caso di mancata sottoscrizione del patto, di mancato rispetto degli obblighi previsti dal progetto di attivazione sociale e inserimento lavorativo, o comunque di comportamenti, da parte dei componenti il nucleo familiare, incompatibili con il progetto, si incorre in decadenza dal beneficio. Per rendere efficace il nuovo sistema, sono previsti il monitoraggio e un’attenta valutazione degli effetti, in modo da introdurre eventuali correttivi e indirizzare sempre le risorse a disposizione a chi ne ha veramente bisogno.

Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, la Giunta regionale emanerà un regolamento attuativo della norma.

Prima dell’approvazione nell’aula della Regione si è svolto un lungo dibattito. In particolare è emersa la contrarietà della relatrice del M5S che ritiene che questo reddito non sia sufficiente in quanto l’Isee, fissato a meno di 3000 euro all’anno, è un fascia troppo bassa e il compenso non è abbastanza cospicuo per risollevare queste famiglie.  Relatore di maggioranza del provvedimento, di cui è primo firmatario Igor Taruffi di Sel, è stato il capogruppo Pd Stefano Caliandro, mentre relatrice di minoranza è stata Giulia Gibertoni (M5s). 

Il relatore Caliandro, in fase di illustrazione della proposta legislativa, ha ricordato come in Emilia-Romagna sono circa 70mila le famiglie in condizioni di indigenza, “un ‘esercito di poveri’ che vive in condizioni di fragilità non solo materiale ma che attiene alla sfera dei diritti e della dignità umana”. Il Reddito di solidarietà (Res), pertanto, ha l’intento di raggiungere circa 35mila famiglie e 65mila persone nel territorio regionale, mettendo a disposizione tra i 30 e i 35 milioni all’anno che andranno ad aggiungersi ai 37 previsti dal Sia (sostegno all’inclusione attiva) nazionale. Il Res, ha spiegato il consigliere, non ha carattere assistenzialistico, dato che prevede in modo multidimensionale l’attivazione di un patto sociale per l’inclusione attiva, la ricerca di lavoro, la frequenza scolastica e si inserisce in un quadro di politiche di welfare finalizzate a dare risposta complessiva a una crisi sociale non circoscrivibile a un solo tipo di fragilità.
A differenza della misura nazionale – ha sottolineato il capogruppo Dem – il Res messo a punto dalla Regione intende rivolgersi a tutti i nuclei familiari, anche quelli unipersonali, di cui almeno un componente sia residente in regione da 24 mesi, con Isee corrente inferiore o uguale a 3.000 euro.
“Non siamo quindi in presenza- ha concluso Caliandro- di una misura meramente economica né di un semplice bonus, ma di un intervento strutturale di respiro universalistico mirato al raggiungimento di una maggiore coesione, di una comunità più giusta e integrata, le cui parole d’ordine siano dignità, lavoro e riscatto sociale”.
La relatrice di minoranza, Giulia Gibertoni (M5s), ha espresso apprezzamento per l’approccio universalistico della legge anche se “non si può parlare ancora di reddito di cittadinanza, come proposto dal M5s, dato che si tratta di un’integrazione di risorse finanziarie a misure già attive”. Inoltre, la consigliera ha giudicato insufficiente la misura economica sia rispetto al dato Isee, la soglia dei 3.000 euro, sia rispetto all’entità del contributo erogato, i 400 euro a nucleo famigliare. Si tratta, ha liquidato la relatrice di minoranza, di “un progetto di inclusione che esclude”. Occorre, invece, intervenire con maggiore incisività. Da qui la riproposizione del reddito di cittadinanza, “una serie di misure costituite da servizi e azioni dirette all’inserimento occupazionale e da indennità economica temporanea di contrasto alla povertà e all’esclusione sociale”. Una misura – ha concluso Gibertoni – non di tipo assistenziale, come si configura nei fatti il Res, che vuole rendere efficace il diritto al lavoro. Il fenomeno della ‘mala occupazione’ ossia del lavoro povero, deve essere affrontato in modo prioritario, perché l’accesso al lavoro di per sé non è più sufficiente per uscire da condizioni di povertà o semi povertà. Pertanto, è necessario un ridisegno del welfare regionale e una diversa distribuzione dei fondi europei, oggi troppo frazionata in una miriade di rivoli, perché “in Emilia-Romagna il volto della povertà è di chi, pur lavorando, non ce la fa”. 

COMMENTO BONACCINI- “Non dimenticare nessuno, guardare a chi ha più bisogno anche solo per aiutarlo a uscire da un periodo di difficoltà: credo che oggi la nostra comunità regionale abbia un’ulteriore, importante ragione per sentirsi orgogliosa e coesa- afferma il presidente della Regione, Stefano Bonaccini-. Con l’istituzione del Reddito di solidarietà centriamo uno dei principali obiettivi e diamo seguito a un altro degli impegni prioritari che avevamo preso, per rimettere in circolo quella giustizia sociale e redistributiva che gli anni della recessione hanno fortemente indebolito, anche in Emilia-Romagna. Stiamo cercando di coniugare sviluppo ed equità, creando occupazione e crescita, come dimostrano gli ultimi dati economici che ci pongono ai vertici nazionali, ma allo stesso tempo investiamo fortemente nella sanità, rinnovando spazi e strutture, strumenti di diagnosi e cura e assumendo oltre 2.500 professionisti e operatori, e nel welfare, e penso ai 30 milioni di euro sbloccati pochi giorni fa per garantire la continuità dei servizi sociali nei territori, aiutare gli inquilini morosi e favorire l’abbattimento delle barriere architettoniche. Investimenti che mettiamo in campo pur in un quadro di finanza pubblica difficile, grazie ai tagli ai costi della politica che abbiamo fatto, alla riorganizzazione interna e ai risparmi attuati con la centrale unica per gli acquisti nella pubblica amministrazione. Una razionalizzazione della spesa che ci ha permesso anche di stanziare i 35 milioni di euro per il Reddito di solidarietà, portando a 72 milioni le risorse complessive disponibili. Uno strumento per contrastare l’emarginazione sociale e recuperare alla piena cittadinanza fasce di popolazione che altrimenti rischiano di vivere ai margini della società, un rischio- chiude Bonaccini- che vogliamo fare di tutto per scongiurare”.

COMMENTO GUALMINI- “È una legge di equità sociale sostenuta fortemente da questa Giunta, che guarda alla dignità delle persone e al loro reinserimento sociale e lavorativo- spiega la vicepresidente della Regione Emilia-Romagna e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini-. Una misura a cui ho personalmente lavorato appena entrata in Giunta, affidando subito uno studio serio e approfondito sulle condizioni di disagio diffuse nella nostra regione. Rivendico con forza l’impegno che la Giunta e il Consiglio regionale hanno messo nel capire prima e nel rispondere poi ai bisogni di chi sta peggio. Qui non parliamo di povertà relativa o di fragilità in senso lato, qui parliamo di deprivazione e di povertà estrema, una condizione che non dovrebbe esistere nella nostra regione. Con la destinazione di 35 milioni, così come promesso, nel bilancio regionale- sottolinea Gualmini- riusciamo a fare quello che altre Regioni non riescono a fare e cioè ad estendere le politiche attive contro la povertà anche agli anziani soli e ai nuclei familiari senza figli che altrimenti sarebbero stati esclusi. Si tratta di una vera e propria rivoluzione. Una politica pubblica completamente nuova, anche in Emilia-Romagna, lontana da una logica assistenziale e di mero risarcimento, bensì basata su politiche di reinserimento attivo nel mercato del lavoro o nel mondo della formazione e dell’impegno sociale. Controlleremo da vicino come lo strumento verrà utilizzato e quale sarà la sua efficacia- chiude la vicepresidente della Regione- ma essere arrivati sino a qui è un traguardo di cui essere molto orgogliosi”.

COMMENTO LEGA NORD, “UN BEL REGALO DEL PD AGLI EXTRACOMUNITARI”- Nell’Assemblea legislativa di mercoledì, si è materializzato l’ennesimo regalo del Partito Democratico agli extracomunitari. Una strenna “natalizia” mascherata da supporto alle persone in difficoltà sul territorio, a seguito della crisi. Ai più, tuttavia, non è sfuggito che la misura sia stata cucita addosso ai tanti stranieri presenti in Emilia-Romagna. «Avevamo avvertito il Pd già in commissione – spiega il capogruppo regionale della Lega Nord, Alan Fabbri – sulle conseguenze di questa misura, che vorrebbe essere “misura di sostegno alla povertà”. In realtà – continua Fabbri – con i requisiti richiesti dalla maggioranza, per avere diritto al sostegno, il risultato è l’ennesima misura “cucita addosso” agli immigrati.» In questo senso aveva cercato di lavorare il Carroccio (in commissione prima, in aula consigliare poi) per modificare i parametri necessari per l’idoneità: “residenzialità storica” sul territorio emiliano romagnolo (almeno 5 anni); Isee fissata ad una quota superiore ai 3000 euro; esclusione per chi avesse presentato dichiarazioni “mendaci” in passato. Il Pd si è rifiutato di discutere nel merito i provvedimenti, «alla faccia – obietta Fabbri – della richiesta collaborazione da parte delle opposizioni. E’ del tutto evidente che chiunque abbia lavorato almeno una o due mensilità nell’anno supererà i 3000 euro di Isee. Ad eccezione di qualche extracomunitario appena arrivato sul territorio, che risulterà incapiente agli occhi delle istituzioni regionali, magari senza esserlo davvero.» Il paradosso è rappresentato dal fatto che proprio il capogruppo Pd, Caliando, ha sventolato in assemblea regionale i dati del Paese (in Italia, secondo l’Istat, un cittadino su quattro è a rischio povertà): «Crediamo che chi ha amministrato in questi anni abbia una qualche responsabilità, sulla situazione attuale – evidenzia Fabbri -. Il nostro tentativo era quello di includere nelle misure di sostegno quante più famiglie emiliano-romagnole possibili, ma la sinistra in questo modo ha fatto l’ennesimo regalo agli stranieri. Naturalmente, a carico del contribuente…»

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