San Leonardo: da mesi dorme in quel tubo. La storia di un senzatetto che fa discutere il quartiere

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Abbandonato a se stesso, solo. “Il problema sono i soldi” spiega Matthew il ragazzo poco più che 20enne che abita dentro il tubo dello scivolo per i bambini in una piazzetta del quartiere San Leonardo. Arrivato qui dalla Nigeria si è spostato da Rimini a Parma insieme a degli amici, dei compagni di sventura. Matthew arriva da un paese non considerato valido per richiedere il permesso da rifugiato. Dorme in un sacco a pelo avvolto in coperte di pile. Le sue cose raccolte in uno zaino verde militare e la disperazione negli occhi.

Una fotocopia stropicciata del permesso di soggiorno è l’unico documento che possiede. Sbarcato a Lampedusa come tanti è in cerca di un riscatto dalla vita. Una vita che però sembra prenderlo a calci. “Hai bisogno di aiuto?” gli chiediamo, “Sì”.

“Vorrei una soluzione ma per dormire in un posto migliore servono i soldi ed è difficile” spiega il ragazzo, sottovoce, in un inglese dallo slang africano. Lui giura “No, io non spaccio“. “Guarda che capiamo se lo fai, è facile cadere in tentazione quando è in gioco la sopravvivenza” rispondiamo. Lui nega, nessuno tra i residenti della zona, d’altronde, l’ha mai visto spacciare. Gli chiediamo da quanto è qui. “Non lo so” risponde sconsolato.

Nel bar di fronte alla piazzetta lo conoscono bene, sono quasi due mesi che il giovane va e viene, qualche avventore gli ha offerto colazione e cappuccino. “Non è pericoloso” spiega la barista “Si vede dalla faccia che è umile, cerca di non dare fastidio a nessuno. Quando arrivano i bambini a giocare lui si allontana e non chiede mai l’elemosina“.

“Qualche giorno fa era sparito poi è tornato” continua la barista. Forse ospitato da qualche amico, o dalla Caritas, ma lui non è un richiedente asilo e le istituzioni possono fare ben poco. Le comunità di accoglienza hanno un letto ma per pochi giorni, poi ti ritrovi per strada. È la storia che si ripete anche per Matthew. “Perché non vuoi andare alla Caritas?”, “Ci sono andato, ti ospitano solo un paio di settimane e se vuoi andartene non puoi più tornare. Ti chiedono di fare dei lavori, di pagare qualcosa se vuoi restare. Sei in mezzo a gente disperata e non voglio rimanere in mezzo a gente disperata”. Cercare di fargli cambiare idea non ha dato frutti “Cerco una soluzione definitiva, una stanza. Un posto da dove ripartire. Ospitato dalla carità non vado da nessuna parte” spiega il ragazzo visibilmente depresso.

giochi-per-bambini-senzatetto“Da più di un mese è qui e nessuno riesce a fare niente per risolvere la situazione” denuncia una residente. “Il problema è che occupa lo spazio per i bambini. Le mamme non ce li lasciano più giocare lì dentro – continua la signora – hanno giustamente un po’ paura. Non è tanto per la persona ma per le malattie, per lo sporco che può lasciare. Da qualche parte dovrà fare i suoi bisogni e sicuramente non si lava spesso. Gli addetti alle pulizie non igienizzano più i giochi quando passano perché lui è lì dentro”.

Alcuni cittadini si sono rivolti al prete. La macchina della solidarietà forse muove i primi piccoli passi.

Non tutti al bar però sono così comprensivi. Si sentono frasi che non si vorrebbero mai sentire. Qualcuno ribatte ma poco convinto. A poche centinaia di metri la Chiesa dove alla domenica questi buoni cristiani vanno ad ascoltare la parola del Signore.

Matthew intanto starà lì qualche altro giorno, dice che deve aspettare che i suoi amici gli dicano se c’è un posto per lui. La storia è poco chiara, non capiamo tutte le parole. Probabilmente non ci dice tutta la verità. Il timore è che, nella disperazione, possa entrare nel mondo dello spaccio. Quello che si capisce invece, sopratutto dal suo sguardo, è che ha bisogno che qualcuno lo aiuti.

Noi gli lasciamo il nostro numero di telefono, un paio di paste prese al bar, qualche confezione di biscotti, un cappuccino take-away e qualche euro. “Chiamaci se i tuoi amici non si fanno sentire”. “Grazie”.

(AriBe)

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