Pd: “Serve un nuovo Cda per il Teatro Regio”

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Nicola Dall’Olio e Maurizio Vescovi, del Gruppo consiliare PD, intervengono sul caso Regio:

“Pizzarotti si è rifiutato di confrontarsi in Consiglio Comunale sulla vicenda degli avvisi di garanzia per la nomina del direttore del Teatro Regio pensando di fare un dispetto ai consiglieri di minoranza: in realtà ha dato uno schiaffo alla città, dimostrandosi sempre più isolato e inadeguato a rivestire il ruolo di primo cittadino” scrivono i consiglieri.

“Ciò non toglie che vi sia una questione Regio da affrontare. Gli avvisi di garanzia al Consiglio di Amministrazione e il conflitto politico tutto interno al movimento 5 stelle che ha tenuto la ribalta per giorni sui media nazionali hanno certamente nuociuto all’immagine della principale istituzione culturale della città.

Ma hanno anche evidenziato una oggettiva anomalia e debolezza della struttura di governance e di controllo della Fondazione Teatro Regio che ha di fatto reso possibile il pasticcio amministrativo sul quale sta indagando la magistratura.

La Fondazione che amministra il Teatro è stata costituita nel 2002 per aggregare più soci, sia pubblici e privati, oltre che per rincorrere l’ambizione fuori scala, tipica di quella stagione amministrativa, di diventare ente lirico, con tutti i problemi di indebitamento e dissesto finanziario che ne sono conseguiti.

Da quando Pizzarotti si è insediato alla presidenza, il Comune di Parma si è trovato ad essere l’unico socio della Fondazione a causa della progressiva fuoriuscita, tra il 2010 e il 2012, degli altri soci pubblici e privati originariamente presenti.

Il fatto che il Comune sia rimasto socio unico contrasta sia con lo spirito costitutivo della Fondazione che con lo statuto il quale prevede che il consiglio di amministrazione sia composto di 5 membri di cui uno, il presidente, è il Sindaco, due sono di nomina del Comune e due di nomina dell’assemblea dei soci, senza la partecipazione al voto dell’amministrazione comunale. Essendo l’unico socio, il Comune ha dovuto per forza di cose nominare anche i due componenti che competono all’assemblea.

Di fatto dentro la Fondazione del Teatro Regio il Comune se la canta e se la suona da solo e questo non aiuta a garantire un controllo incrociato sugli atti deliberativi e una più larga condivisione delle scelte e degli indirizzi di sviluppo.

Bisogna però dire che questa situazione non è tutta responsabilità dell’attuale amministrazione e che in questi anni, grazie alla gestione Fontana – Arcà e alle ingenti risorse trasferite dal Comune, si è posto rimedio alla pesantissima situazione debitoria e allo sbilancio gestionale lasciato in eredità dalle precedenti amministrazioni.

Occorre però adesso, a maggiore ragione dopo la vicenda giudiziaria per la nomina del direttore del Teatro, superare l’isolamento del Comune nella gestione della Fondazione e recuperarne lo spirito costitutivo. Da questo punto di vista riteniamo sia indispensabile un impegno da parte di tutti quelli che hanno a cuore le sorti del Teatro Regio, dalle istituzioni alle principali realtà imprenditoriali, per rafforzare ed ampliare la compagine societaria della Fondazione e per rinnovare, su queste basi, il consiglio di amministrazione.

In analogia con quanto avvenuto per il Parma Calcio 1913, auspichiamo che anche per il Teatro Regio si inneschi un processo di compartecipazione e presa in carico che porti all’adesione di un nucleo ristretto di soci “istituzionali” con diritto di voto e di una ampia platea di piccoli sostenitori a comporre una sorta di “azionariato” diffuso. Il Comune dovrebbe promuovere e guidare questo processo.

Questo consentirebbe una più larga condivisione delle scelte gestionali e di indirizzo, oltre che dell’impegno finanziario, a vantaggio dell’istituzione teatrale e dello stesso Comune. E rinsalderebbe i legami tra la città e il suo Teatro, che rimane uno dei riferimenti identitari che rendono Parma conosciuta nel mondo.

Di questo intendevamo parlare in Consiglio comunale martedì scorso con la mozione che il Sindaco e la maggioranza non hanno voluto discutere”.

 

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