Delitto Habassi, la ricostruzione della mattanza – VIDEO

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Si chiude il cerchio intorno ai responsabili dell’omicidio di Mohamed Habassi (LEGGI), e si chiudono, alle loro spalle, le porte del carcere. Si tratta di sei persone, due italiani e quattro stranieri: il “capo e mandante” è Luca Del Vasto, 46 anni, residente a Parma, gestore del Buddha Bar di Sala Baganza, compagno della proprietaria dell’alloggio di Via Castello 1 dove Habassi è stato massacrato.

Gli altri, il 42enne parmigiano Alessio Alberici, noto fumettista, e quattro muratori rumeni, incensurati, frequentatori del Buddha Bar e amici di Del Vasto: B.C., C.V., T.I, V.I, tutti di età compresa tra i 40 e i 22 anni. I due parmigiani avevano alle spalle piccoli precedenti per spaccio.

 

IL MOVENTE – La brutalità del massacro, durato oltre mezz’ora e perpetrato con una mazza da baseball, un badile, tirapugni e guanti in ferro, le due dita, una nella mano e una nel piede, mozzate con una tanaglia, lasciava aperti innumerevoli scenari. La spiegazione, forse la meno fantasiosa: la profonda frustrazione di Del Vasto verso Habassi, che nonostante le innumerevoli richieste di abbandonare l’alloggio, le lettere di sfratto, i solleciti e le minacce, faceva spallucce.

Habassi, tunisino, viveva in quell’alloggio con la compagna, e il figlio di sei anni, Samir, ma poco prima della morte della stessa in un incidente stradale, si era trasferito a Parma: si erano lasciati. Perdigiorno senza lavoro e con piccoli precedenti per droga, dopo la morte della compagna, Giovanna Trincheda, era tornato a vivere con il figlio nella casa di Basilicagoiano, accampando il diritto di vivervi pur trasferendo il figlio stesso e numerosi mobili in Tunisia dalla nonna.

I continui rifiuti del 34enne tunisino ad andarsene, hanno dunque fatto montare una furia senza precedenti in Del Vasto.

omicidio Habassi

IL DELITTO – Dunque il 42enne si è organizzato: ha contattato prima l’amico Alberici, uomo di grossa stazza, poi, intenzionato a, dicono le forze dell’ordine “fargli molto male”, ha assoldato i primi due romeni, amici e frequentatori del bar. Poi, nel dubbio, ne ha convocati altri due. I sei, tutti insieme, lunedì sera sono partiti a bordo del Range Rover di Del Vasto, e hanno bussato, intorno alla mezzanotte, a casa del tunisino.

Prima della partenza per la missione punitiva, si sono imbottiti di alcool e droghe, poi Del Vasto ha fornito i compagni di tirapugni, guanti da disossatore, una mazza, bastoni in ferro, una pinza a “pappagallo”, usata poi per tranciare le dita ad Habassi.

Quando l’uomo li ha accolti a male parole, è iniziata la mattanza: il coinquilino di Habassi, un connazionale spacciato per cugino, è fuggito scappando dalla porta finestra, poi dal balcone, e ha iniziato a chiamare i soccorsi. Preziosa è stata la sua testimonianza per mettere insieme le fila dell’indagine.

All’interno dell’appartamento, intanto, il massacro, fino all’arrivo della prima pattuglia di Carabinieri, che ha messo in fuga i sei uomini. Al loro ingresso, gli uomini dell’arma hanno trovato la scena che conosciamo: caos, sangue, il cadavere senza vita di Habassi.

 

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