Carcere: Rachid Assarag denuncia nuove violenze

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“Mi hanno spinto, vede, ora mi muovo sulla carrozzina, mi sono fatto male alle gambe, non mi reggono. E mi hanno picchiato in faccia, ecco i lividi (sposta i capelli, alza la felpa), e sulla testa con delle chiavi”.

A parlare è Rachid Assarag, il detenuto che ha più volte denunciato di aver subito violenza nel carcere di Via Burla (LEGGI), e sostiene di subirne ancora, ora che è stato trasferito, prima a Lucca, poi a Torino.


Riavvolgendo il nastro, Rachid si è presentato venerdì mattina in Procura a Parma, davanti al Giudice Nigro, come imputato: l’accusa, minacce ad alcuni agenti di polizia penitenziaria del carcere parmigiano.

Pieno di lividi, ematomi, segni di botte, come lui stesso ha mostrato, Assarag, marocchino, quarantenne, in carcere per sequestro e stupro, ha sostenuto di aver subito percosse e violenze da altri detenuti e dalle guardie lo scorso 8 marzo, a Torino. Si è presentato in sedia a rotelle, provato dagli scioperi della fame, accompagnato dalla fedele moglie, Emanuela Darcangeli.

Il legale del marocchino, Alessandra Pisa, ha prima spiegato che “i medici non lo ascoltano, oggi non era previsto fornisse dichiarazioni spontanee, ma ha scelto di mostrare cosa ha subito”, poi chiesto che le voci dei secondini, dallo stesso Rachid intercettate nel carcere di Parma mentre confessavano presunte violenze perpetrate in Via Burla, vengano messe a confronto con alcune testimonianze e sottoposte a perizia per “rendere giustizia a Rachid, che è un testimone scomodo”. Secondo l’avvocato, le guardie carcerarie che lo hanno denunciato sarebbero le stesse che lo avevano, in precedenza, picchiato.

La Procura di Parma, nella persona del PM Emanuela Podda aveva già chiesto l’archiviazione della denuncia di Assarag, definendo le parole riportate nelle intercettazioni “gravissime, ma normale lezione di vita carceraria”. Su questo, i giudici si esprimeranno il 10 maggio.

LA VERSIONE DEL SAPPE SUI FATTI DELL’8 MARZO-  “Alta tensione nel carcere di Torino, con due poliziotti penitenziari aggrediti l’8 marzo scorso dal detenuto straniero salito agli onori delle cronache perché a suo dire, durante la permanenza in cella in vari carceri del Paese, ha tenuto con sé un registratore memorizzando frasi riferite a persone non accertate e non identificate ma, sempre a dir suo e del legale, appartenenti all’Amministrazione penitenziaria. Questo evento critico di Torino è l’ennesimo finalizzato a destabilizzare l’ordine e la sicurezza in un carcere, che vede per protagonista sempre questo detenuto, che evidentemente crede di poter fare quel che vuole nei penitenziari del nostro Paese, ‘forte’ delle sue denunce che però sono state archiviate dai giudici”.

Vicente Santilli, segretario regionale Sappe per il Piemonte, ha aggiunto: “Il detenuto, ubicato presso il Padiglione “a” della Quinta sezione detentiva della Casa circondariale di Torino, sta scontando una pena a 9 anni e 4 mesi per violenza sessuale, con fine pena 5 settembre 2017. Martedì sera 8 marzo, verso le 20, ha aggredito proditoriamente e senza alcuna ragione i due Agenti di Polizia Penitenziaria in servizio nel citato Padiglione: questo perché pretendeva di uscire, si lamentava di tutto, non vorrebbe

stare in carcere e durante alcune operazioni di rito ha aggredito con calci e pugni gli Agenti preposti nella sezione, poi accompagnati presso il nosocomio “Maria Vittoria” di Torino per le cure del caso. A loro va la solidarietà e la vicinanza del Sappe, ma è inaccettabile che sempre questo detenuto si renda responsabile di atti di violenza contro i poliziotti penitenziari, a Torino ed in ogni altro carcere è ristretto”.

1 commento

  1. Chiunque ormai può destabilizzare un sistema penitenziario come quello Italiano, basta fare un po l’attore.
    Farsi male dentro la propria cella per dare la colpa al personale di Polizia Penitenziaria è una bella trovata, buona per farsi risarcire, chi ha capito questo comanda e detta legge…

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