Aemilia: “La ‘ndrangheta poco violenta, basta la corruzione”

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La ‘ndrangheta che si è infiltrata in Emilia-Romagna lo ha fatto «praticamente senza colpo ferire, ricorrendo alla forza solo quando la corruzione non funzionava, ma purtroppo funzionava quasi sempre».

Lo ha spiegato il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, aggiungendo che tra i vari fattori che ne hanno favorito la propagazione c’è stata, come in altre regioni d’Italia o nazioni europee come la Germania, «la grande minimizzazione culturale».

La ‘ndrangheta che sta in Emilia-Romagna, ha aggiunto, “mantiene il proprio centro decisionale in Calabria, ma è anche autonoma, e si è conquistata questa autonomia grazie ai rapporti che ha saputo tessere con la società civile, e anche col mondo dell’informazione». Quest’ultimo, per Roberti, uno degli aspetti più peculiari messi in luce da Aemilia.

Roberti nel suo intervento, pur non citandole esplicitamente, ha chiaramente alluso alle accuse mosse dall’inchiesta Aemilia al fatto che gli esponenti locali della ‘ndrangheta avessero cercato consenso sociale anche tramite pressioni sul mondo dell’informazione. Un giornalista che lavorava per una emittente reggiana, Marco Gibertini, fu infatti arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Non solo, l’indagine mise in luce le minacce che colpirono una cronista reggiana, Sabrina Pignedoli, che si occupava di ‘ndragheta. Inoltre Aemilia rivelò i legami che un poliziotto, che teneva i rapporti con la stampa a Reggio Emilia, aveva con alcuni degli indagati. (ANSA)

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