“Io, vittima della truffa dei diamanti, la banca mi ha rubato 30mila euro”

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Truffata dalla banca, che le ha fatto acquistare diamanti. Solo in seguito, mentre scoppiava la “bolla” dei diamanti – bluff, venduti al doppio del prezzo di vendita da quattro banche, una parmigiana, Anna Franzoni, ha raccontato nei giorni scorsi la propria disavventura ai microfoni di “Mi manda Rai Tre”.

L’indagine di altroconsumo –  Multa milionaria per Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Banco BPM, e per due società venditrici di diamanti, IDB e DPI, per aver venduto agli ignari clienti i loro diamanti dai prezzi fuori mercato. Il tutto era partito dalle denunce di Altroconsumo. Se hai questi diamanti puoi fare reclamo.

Antitrust multa per più di 15 milioni di euro due società venditrici di diamanti e quattro banche che hanno venduto a prezzi gonfiati le loro pietre a ignari clienti, spacciandoli per investimenti sicuri e senza informare dei rischi reali e dell’impossibilità di rivendere i preziosi acquistati. Le banche sanzionate sono Intesa San Paolo, Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Banco BPM, assieme alle due società IDB e DPI.

Se hai anche tu acquistato questi diamanti fai reclamo per iscritto (usando il modello che puoi scaricare qui sotto) alla banca che ti ha offerto le pietre e alla società che le ha vendute, chiedendo la cessazione del rapporto contrattuale e la restituzione di una somma di denaro pari almeno al prezzo di acquisto che hai pagato per il diamante.

Infatti sono palesi le gravi inadempienze della banca e l’ingannevolezza delle informazioniche hai ricevuto e che ti hanno convinto a fare l’investimento in termini di valore della pietra, sua rivendibilità, quotazione di mercato.

La vicenda nei dettagli –  In tempi di magra per gli investimenti tradizionali in titoli di Stato e obbligazioni, gli istituti di credito hanno individuato il diamante come bene rifugio, come possibilità di investimento da proporre ai clienti. A denunciare il fenomeno era stato Report, il programma di Rai Tre, con un’inchiesta andata in onda lo scorso ottobre. Abbiamo ricevuto diverse segnalazioni di soci preoccupati. L’acquisto di un diamante da investimento non è un buon affare. Troppe incognite e un circuito chiuso che non guarda al mercato.

Ma come si investe in diamanti? Allo sportello viene proposto come investimento sicuro, redditizio ed esentasse, ma a lungo termine. Peccato che vendere la pietra quando si ha bisogno di liquidità non è semplice come viene prospettato: il prezzo a cui viene venduta al cliente è almeno il doppio dei valori di mercato e le commissioni di uscita sono piuttosto salate. Il sistema funziona finché la banca trova un altro cliente a cui rivendere il diamante a quel prezzo gonfiato. Quindi, nel circuito chiuso che si viene a creare. Ma chi ci dà la certezza che questo sarà possibile tra 10-20 anni cioè, al termine del tempo consigliato dalla banca e dalle società per l’investimento? Nessuno. La bolla potrebbe scoppiare e le perdite potrebbero essere consistenti.

La proposta delle banche – Le principali banche italiane hanno fatto accordi commerciali con le due società attive nella vendita di diamanti (come risulta dai siti delle società stesse):

  • DPI – Diamond Private Investment (Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Banca Popolare di Milano, Banca Popolare dell’Emilia Romagna, 50 banche di credito cooperativo, Widiba…);
  • IDB – Intermarket Diamond Business (Unicredit, Banco Popolare, Carige, Banca popolare di Bari).

L’inchiesta (da www.altroconsumo.it) – Per capire meglio i meccanismi di vendita, nel novembre del 2016, Altroconsum si è presentato agli sportelli di quattro grandi banche (Banca Popolare di Lodi (Banco Popolare), Intesa San Paolo, Banco di Brescia (Ubi Banca), Unicredit) come clienti interessati all’acquisto di diamanti. I consulenti ci mostrano sempre un grafico in cui si vede la curva delle quotazioni dei diamanti in crescita costante: sono però le quotazioni preparate dalla società stessa che vende i diamanti tramite la banca, pubblicate su Il Sole24Ore ogni tre mesi in uno spazio pubblicitario. Dando un’occhiata alle vere quotazioni internazionali (per esempio, il listino Rapaport), si può capire che il valore ha un andamento ben più volatile e che ci sono anche discese e picchi. Convinti di fare un buon affare, ci informiamo su come liquidare l’investimento. Chi ricompra il diamante quando voglio recuperare i soldi e realizzare il guadagno? La banca tranquillizza il cliente, dicendo che il diamante verrà riacquistato dalla società a cui si appoggia per la vendita e sorvola sul punto più importante: le commissioni da versare all’uscita. Vediamo cosa dicono in merito i contratti delle tre società che vendono diamanti.

  • Contratto di IDB: la società non ha alcun obbligo di riacquisto, ma solo quello di accettare dal cliente un mandato a vendere ad altri clienti IDB ai prezzi di quotazione. Mandato che dura 4 mesi, rinnovabili. Per il servizio sono previste commissioni comprese tra il 16% +Iva del prezzo di vendita (nel primo anno) e un minimo del 7% + Iva se la vendita avviene dopo 7 anni dall’acquisto.
  • Contratto di DPI: la società si impegna a rivendere il diamante e la commissione è del 10% +Iva del prezzo finale del diamante.

A conti fatti, si fa fatica a guadagnare e si rischia facilmente di perderci.

La multa dell’Antitrust – A novembre del 2016 Altroconsumo aveva segnalato le scorrettezze delle banche all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, chiedendo la sospensione dell’attività e sanzioni per le società coinvolte. L’Antitrust ha avviato due procedimenti per pratiche commerciali scorrette nei confronti di DPI e IDB, allargati poi anche alle banche che vendevano agli ignari clienti i diamanti dai prezzi gonfiati. Le informazioni parziali o scorrette fornite dai consulenti e dalle due società sui depliant e online non permettono, infatti, al cliente di fare un investimento consapevole.

Sempre a novembre  2016 inviata una segnalazione anche alla Consob chiedendo regole di trasparenza e correttezza da parte delle società che vendono diamanti e delle banche che le offrono ai loro clienti. La Consob ha comunicato che sta facendo delle verifiche per capire se l’offerta di diamanti in banca non sia, in realtà, un’offerta di un prodotto finanziario e per questo soggetta alla disciplina prevista dal Testo unico della Finanza in termini di servizi di investimento. La Consob ci fa sapere anche che ha chiesto alle banche che offrono diamanti ai loro clienti di spiegare bene l’offerta, le condizioni contrattuali, mettendo bene in evidenza quali siano le commissioni comprese nel prezzo del diamante. Dubitiamo che un richiamo possa bastare, anche perché abbiamo già dimostrato che questo non avviene. Resta poi aperto il nodo di chi i diamanti li ha comprati finora senza alcun rispetto delle norme di informativa precontrattuale e di trasparenza. Per questo chiediamo alla Consob di intervenire al più presto con modalità più incisive.

Ma adesso almeno qualche novità positiva può arrivare dalle sanzioni comminate ieri e che riguardano le due società ma anche le banche presso i cui sportelli i diamanti sono stati venduti. Come avevamo messo in luce con le nostre inchieste sul campo e le segnalazioni ad Antitrust, le banche sono coinvolte direttamente nella pratica scorretta. Hanno proposto ai loro clienti l’acquisto di diamanti come bene rifugio usando le informative e le quotazioni fornite dalle due società senza verificarne il contenuto e quindi senza alcun rispetto della minima diligenza professionale cui sono tenute nella loro attività. I clienti peraltro acquistavano i diamanti in base al rapporto di fiducia che avevano con la banca.

Le sanzioni – IDB (Intermarket Diamond Business)  vendeva diamanti tramite Unicredit e Banco Bpm; la sua pratica scorretta è andata avanti dall’inizio del 2011 fino al 1 marzo 2017 (data in cui IDB ha smesso di vendere diamanti).

Multa per IDB di 2 milioni di euro + per Unicredit 4 milioni di euro + per Banco Bpm 3,35 milioni di euro.

DPI (Diamond Private Investment) che vendeva diamanti tramite Intesa San Paolo (da inizio ottobre 2015 ed è ancora in corso) e Monte dei Paschi di Siena (da maggio 2012 fino a febbraio 2017).

Pratica scorretta realizzata da DPI dall’inizio del 2011 ed è tuttora in corso.

La sanzione per lei è di 1 milione di euro. Per Intesa San Paolo la sanzione è di 3 milioni di euro. Per Monte dei Paschi di Siena la sanzione è di 2 milioni di euro.

 

 

 

2 Commenti

  1. Giusti i rimborsi, ma è anche l’ora che la gente non si fidi ciecamente di ciò che consigliano in banca, le recenti crisi di Etruria e co. dovrebbero insegnare.
    I diamanti poi sono un tema affascinante ma anche complesso. Io mi sono appassionato ma prima di acquistare mi sono informato bene (perciò ho evitato le banche). Consiglio nel caso la lettura di questo sito
    investirediamanti.org

  2. Milano, 18 05 2018

    Sono nicholas, da Milano.

    Anch’io avevo investito un sostanzioso capitale in due diamanti, tramite una delle banche citate, unitamente ad una delle due società venditrici.

    Nel 2016, essendo ricoverato in ospedale, assistetti provvidenzialmente alla trasmissione ‘Report’ della Gabanelli e rimasi basìto, contattando immediatamente il cell del direttore della mia filiale.

    Successivamente, per mia fortuna (o, meglio, per una sollecita politica di ‘ripensamento’ dell’istituto, forse presago di una causa che avrei intentato nei confronti suoi e della società) fui integralmente rimborsato, e quasi non ci credevo.

    Quindi, attenzione agli investimenti, anche se proposti da persone al di sopra di ogni sospetto.

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