Emilia Romagna, stretta alle sale scommesse. E l’online ringrazia…

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L’Emilia Romagna ha finalmente deciso di schierarsi in prima linea nella lotta al gioco d’azzardo. La possibilità era stata ventilata da tempo, ma le decisioni prese negli ultimi mesi dalla regione confermano che non si tratta soltanto di chiacchiere. Sorridono i no slot, convinti di aver messo alle strette il mercato delle macchinette.

E ridono le aziende di gambling, che con la diminuzione del live vedranno semplicemente spostato il traffico sull’online, dove il tempo di permanenza è potenzialmente maggiore.

Non fraintendete, il comportamento del consiglio regionale è stato ineccepibile. Il gioco d’azzardo è un fenomeno molto diffuso in Emilia Romagna, che ha uno dei tassi di ludopatia più alti registrati. La regione nel 2016 si piazzava in quarta posizione nella classifica nazionale per volume di gioco, con 6,2 miliardi di euro.

Dietro soltanto a Lombardia, Lazio e Campania, che devono parte del loro successo alla presenza di città più grandi e più attrezzate di centri scommesse. Se si considera la spesa pro capite (sempre nel 2016), l’Emilia Romagna risale infatti al terzo posto, con 393€ persi in media. Con questi dati a disposizione, era inevitabile pensare a una soluzione per ridurre la quantità di denaro investita, ma spesso sprecata, dai cittadini.

Ciò che pare discutibile è in realtà la modalità con cui si intende ridurre l’impatto dell’azzardo sulla regione. La novità principale del decreto approvato dalla Giunta prevede il divieto di apertura di nuove sale scommesse e di installazione di apparecchi in spazi meno lontani di 500 metri dai luoghi sensibili. Una decisione in realtà già piuttosto diffusa in Italia, di solito per mezzo dei comuni ma in rari casi impugnata dalle regioni. Il problema è che non si riconosce all’azzardo la sua corretta dimensione. È vero che ad oggi i 96 miliardi di euro annui di volume di gioco dipendono in buona parte da slot machine e AWP, ma di certo il problema non consiste nella distanza di queste dai luoghi sensibili.

Questo provvedimento aiuta piuttosto a prevenire casi futuri, sebbene sia d’obbligo una considerazione su quanto sia la distanza il reale fattore decisivo nella scelta dei giocatori. La società moderna è bombardata da pubblicità, immagini e social, e per un ragazzo di 18 anni di certo non è la presenza fisica l’unica possibilità per avvicinarsi al gioco d’azzardo. L’unico modo per limitare davvero la possibilità di nuovi giocatori sarebbe il proibizionismo, con l’effetto di permettere al gioco illegale di mettere le mani sul mercato.

Casualmente, proprio nel periodo in cui si stringe per limitare il gioco live, lo Stato sta preparando il bando gara per il rinnovo delle concessioni online. Si parla di 120 concessioni da 200.000 euro l’una, per guadagni attesi fino a 24 milioni di euro. Il vero vincitore della novità legislativa potrebbe essere proprio il gioco digitale, che attira un’utenza sempre maggiore. Nel 2016 ha sfondato per la prima volta il tetto del miliardo di euro, ma le proiezioni per il futuro sono più che positive.

Così, mentre l’Emilia Romagna si preoccupa di non far aprire nuovi centri scommesse, i cittadini hanno di fronte un’ampia scelta tra tanti casinò online efficienti e più tecnologici del live. La limitazione del gioco nei mini-casinò può portare a una migrazione verso la rete, che primeggia anche per comodità e velocità di utilizzo. E la spesa non cambia, anzi può essere effettuata per un arco di giornata più lungo, magari nelle pause di lavoro o mentre si prende il caffè al bar.

Estendere il divieto a internet è oggi impensabile, soprattutto se si insiste sulla formula del distanziometro. L’impressione è quindi che l’Emilia Romagna, con le migliori intenzioni, stia sprecando fondi, tempo ed energie sul metodo sbagliato per combattere la ludopatia. Un errore di cui sarebbe bene accorgersi subito, prima che sia troppo tardi.

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