Palio di Parma, Freccia 45: “Basta sfruttamento animale, pratiche schiaviste a danno dell’immagine della città”

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Paola Re, Consigliera e responsabile delle petizioni di FRECCIA 45, Associazione di promozione sociale per la protezione e difesa animale, interviene sulla manifestazione “Palio di Parma”.

“Ho appreso dai mezzi di informazione che dal 3 al 17 Settembre a Parma è in corso il Settembre Medievale con accampamento e villaggio medievale, giochi d’armi, combattimenti, tiro con l’arco antico, sfide tra arcieri e cavalieri, antichi mestieri, musici, giullari, giocolieri, saltimbanchi, spettacoli di focoleria, sfilata, danza medievale, sbandieratori, benedizione dei palii, corteo, mostra e volo di uccelli rapaci.

Tra tutti gli appuntamenti, il più atteso è quello del Palio che prevede gare di velocità: “Corsa del panno verde” (Palio delle Donne) e “Corsa dello Scarlatto” (Palio degli Uomini).  L’idea è apprezzabile e originale ma a Parma non basta: devono correre anche gli asini nel “Pallium asinorum”. Il nome latino della competizione vorrebbe forse renderla dotta ma non fa altro che riportarla alla società romana del “panem et circenses” quando gli animali erano oggetto di competizione, lotta, divertimento, ignorando quanta sofferenza si nascondesse dietro certe pratiche schiaviste.

A Venaria (TO) era in auge da parecchi anni la corsa degli asini al Palio dei Borghi e il Sindaco appena eletto ha fatto ciò che si dovrebbe fare in ogni città che presenta questo genere di spettacolo: abolirlo. “(…) confermato quanto era stato annunciato nel programma elettorale dell’anno scorso, ribadendo l’intenzione di proibire “su tutto il territorio comunale di qualsiasi forma di spettacolo o di intrattenimento pubblico che contempli in maniera totale, oppure parziale, l’utilizzo di animali sia appartenenti a specie domestiche sia selvatiche”. (…) Una motivazione a cui l’amministrazione ha deciso di associare anche una citazione di Gandhi, “La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta gli animali”.

Come se non bastasse l’umiliazione degli asini, ecco che il Settembre Medievale si arricchisce di mostra e volo di uccelli rapaci. La falconeria è uno sfruttamento vestito con l’abito da sera, soprattutto dopo che l’U.N.E.S.C.O. l’ha incoronata patrimonio immateriale dell’umanità. I rapaci usati per la falconeria subiscono un forte condizionamento poiché sono privati dei loro comportamenti naturali. Il rapporto che li lega all’essere umano non è di natura affettiva ma è basato su un meccanismo premiale legato al cibo, alla dipendenza che l’essere umano crea, piegando l’indole fiera di un uccello ridotto a schiavo, chiuso in gabbia o legato su un posatoio, spesso lasciato parecchie ore con il cappuccio, costantemente manipolato per fargli dimenticare di essere animale selvatico. I rapaci sono animali selvatici e, anche se allevati in cattività, non diventano domestici ma addestrati, condizionati e privati di ogni istinto, trasformati in meri strumenti. Dietro la falconeria c’è un consistente commercio di rapaci nati in cattività ma che derivano da uccelli predatori selvatici, considerati protetti dalla Legge 157/92 .

I rapaci necessitano di una particolare protezione, di misure speciali di conservazione per garantirne sopravvivenza e riproduzione. Molti animali usati dai falconieri sono stati sottratti illegalmente dai nidi, compromettendo così il buon esito della riproduzione e di conseguenza la sopravvivenza della popolazione selvatica. Il prelievo di esemplari catturati in natura e poi fatti riprodurre incrociandoli tra specie affini è una pratica inconcepibile in un’ottica protezionista di queste specie a rischio. E poi c’è la didattica. I falconieri giocano la carta della didattica, come se fosse un dono e un piacere offerto alla comunità, mostrando da vicino la bellezza di animali da sempre inarrivabili ora rinchiusi e sottomessi. In realtà, nulla di ciò che viene mostrato di quegli animali è simile alla loro vera natura che è quella di animali schivi e timorosi verso l’essere umano.

I falconieri non permettono di conoscere la vera natura di quegli animali proprio perché ne offrono un’immagine artificiosa; li fanno esibire in ambienti rumorosi, in mezzo a folle vocianti, sotto luci abbaglianti. Non vi è alcun valore didattico nell’insegnare al pubblico che sia giusto tenere prigionieri animali a scopo ludico o venatorio: bisogna insegnare il rispetto per gli animali, non la prevaricazione su di loro tramite un addestramento duro e inibitorio.

Una città come Parma trasformata in una teatro di sfruttamento animale è una pessima pubblicità per il turismo che la vede città d’arte frequentata e apprezzata”.

 

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