Maxi frode sull’Iva da 60 milioni di euro: arrestati due parmigiani

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La Guardia di finanza e l’Ufficio delle dogane di Forlì hanno smantellato una maxi frode da 60 milioni di euro di Iva nel settore della vendita di prodotti di elettronica, telefonini e computer nelle province di Forlì-Cesena, Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Bologna e Rimini.

L’indagine è nata “a seguito della verifica dell’Agenzia delle dogane di Forli’ su una societa’ forlivese operante nel commercio all’ingrosso di elettronica, che evitava sistematicamente di versare l’Iva all’Erario” comunica la Guardia di Finanza.

La pm forlivese Sara Posa ha quindi incaricato il Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di finanza di verificare se il mancato pagamento “nascondesse un comportamento criminale da parte degli amministratori”.

Nei guai due parmigiani, un 70enne residente in Via Duca Alessandro ed un 33enne residente in Stradello Manzi, accusati di essere ai vertici dell’organizzazione. 

E dalle indagini e’ emersa “una vera e propria organizzazione criminale che faceva capo all’amministratore della società forlivese, Ego Group, a sua volta fallita nel 2015,  (il 52enne M.P., residente a Sasso Marconi, in provincia di Bologna)”, che oltre a non versare l’Iva “si procurava anche inesistenti crediti Iva attraverso l’utilizzo e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, secondo il sistema della cosiddetta ‘frode carosello’, che prevede l’interposizione tra il soggetto venditore e l’effettivo destinatario finale di una o piu’ aziende fittizie (le cosiddette “cartiere”)”.

Complessivamente, nel sistema sono state coinvolte “36 soceta’ totalmente inesistenti, o che comunque emettevano fatture per operazioni inesistenti”. Molte di queste (12) sono state anche dichiarate fallite o hanno cessato l’attività dopo aver accumulato una forte esposizione con l’erario. Anche la società forlivese era stata dichiarata fallita nel 2015, dopo aver maturato debiti per oltre 58 milioni di euro, di cui 4 verso fornitori e ben 54 milioni verso l’erario. In tal modo la società forlivese (che aveva raggiunto un volume d’affari tra i 25 e i 30 milioni di euro all’anno) aveva creato un vorticoso giro di fatture false per 60 milioni di euro, tramite altre società intestate per lo più a prestanomi.

 

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