“Claudia e le altre”: quindicenne violentata a Napoli dal branco, insultata su Facebook per aver denunciato

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“Claudia”, ma non solo. Mentre Parma archivia con dolore una delle sue pagine più brutte, quello dello stupro di gruppo al Collettivo Antifascista, con tre condanne (rileggi: Stupro Raf via Testi: condannati Concari, Cavalca e Pucci) arriva da Napoli un caso che, una settimana esatta dopo, costringe a rivivere quanto Claudia ci ha raccontato.

RILEGGI: INTERVISTA- Stupro di gruppo al Raf, parla Claudia: “La mia vita, fermata quella notte. Poi al processo. Riparto da me, per non darla vinta a loro”

Questo arriva Marechiaro, sole, spiagge, estate. Il branco è di quindicenni, adolescenti che potrebbero godersi il mare, le vacanze, la bellezza di una città senza tempo e senza eguali. Ma no.

Allo «scoglione» di Marechiaro, in pieno giorno, di domenica, il 28 maggio, una ragazzina di via Petrarca, di quindici anni, è stata stuprata da un diciassettenne e due sedicenni, di Capodichino e Forcella, adesso accusati di violenza sessuale di gruppo. Il pubblico ministero della procura dei Minori, Francesco Cerullo, ha chiesto al gip di ascoltare la vittima nel corso di un incidente probatorio, così da poter cristallizzare il suo racconto, le immagini e i dettagli di quella domenica dell’orrore, e usare quelle parole nel corso di un processo contro i tre ragazzi. Le prime indagini, con coraggio, le ha fatte proprio lei usando Facebook e ribellandosi alla violenza subita – racconta il “Corriere del Mezzogiorno

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Su Facebook, la ragazzina  ha riconosciuto e individuato i suoi aggressori (FOTO SOPRA). Li ha mostrati a sua madre dopo che un’amica con la quale si era confidata, l’aveva aiutata a raccontare. Poi, ai Carabinieri. Con nomi e volti.

Ma come se l’umiliazione e la violazione non bastassero, ecco una nuova violenza. Su Facebook. Fatta di insulti e minacce perchè ha denunciato.

E quando lei ha commentato con un “almeno non ridete”, giù le critiche. Perchè duando ha saputo che i carabinieri avevano notificato ai tre minorenni accusati di aver abusato sessualmente di lei un avviso di garanzia, ha spulciato tra i profili dei loro amici, di altri in comune, in una cerchia virtuale ampissima.

E lì la prima amara scoperta: qualcuno di loro ha commentato ironicamente per quanto le era accaduto, ridendoci sopra e facendo battute di infima qualità. Altri avevano manifestato perplessità sul suo racconto mettendo in dubbio la versione fornita ai carabinieri e appellandola in ogni modo.

Così la quindicenne, ha voluto scrivere un post sulla propria bacheca. Lo ha fatto senza restrizioni, in maniera pubblica, cosicché chi doveva vedere poteva farlo. «Siete ridicoli – ha scritto – ma nel vero senso della parola. Io non vi auguro assolutamente quello che è successo a me, però almeno non rideteci sopra, perché così facendo la ruota gira».

Uno sfogo a provocazioni che non ha avuto la forza di incassare in silenzio. Perché per molti ragazzini le piazze virtuali e i commenti ai post sono molto più dolorosi di litigi e confronti che una volta invece avvenivano in strada. E allora le hanno fatto male le risate ironiche e i commenti facilmente fraintendibili, facendola passare come una ragazza «facile» tanto da aver teso lei stessa una trappola ai tre indagati. Ma quello che è accaduto poco dopo la pubblicazione del suo post è difficile da comprendere. La ragazza è stata bombardata di messaggi, tutti in presunto dialetto napoletano, zeppi di volgarità. Parole scritte come pronunciate, quasi incomprensibili. Lei li ha cancellati di volta in volta, ma subito ricomparivano. Ed è stato così per tutta la giornata fino a quando, ad uno ad uno non ha bloccato tutti quei contatti di persone che non solo difendevano i ragazzi, ma che la offendevano e la minacciavano di morte.

«Ma come, prima fai e poi ti tiri indietro?», le scrive una donna, amica degli indagati. E rincara la dose: «Io se devo fare sesso non vado a chiamare ’e guardie ». Lei prova a rispondere dicendole: «Ma se non sai le cose perché parli? Pensa prima di parlare». «Ti picchio, ti ammazzo», le dice l’altra. Le rispondono anche alcuni ragazzi, uno con un cognome «pesante» e legato a un clan della camorra del centro storico, anche loro amici del branco. Riempiono la bacheca di offese, facendo anche riferimento a posizioni sessuali che uno degli indagati avrebbe usato per violentarla.

Una brutalità che porta alla memoria la lapidazione sul web operata contro Tiziana Cantone, la trentenne di Mugnano suicidatasi perché caduta in un pozzo senza fondo dopo la pubblicazione in internet di alcuni video hot girati con il suo fidanzato. Tra i commenti orrendi appare un briciolo di umanità, chi esprime solidarietà postando cuori e baci. Il processo al momento i social l’hanno fatto alla vittima. Che alla fine ha cancellato il suo profilo Fb.

Perchè il coraggio di denunciare da fastidio. Caludia è stata demonizzata, accusata, massacrata. Ma alla fine ha vinto. E pare di sentirla, con la sua voce fragile, suggerire alla 15enne di non mollare. Perchè chi lle ha rubato l’adolescenza, paghi.

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