Università, blocco stipendi: più di 280 professori di Parma scioperano per sessione autunnale

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Una protesta sindacale dei professori delle università italiane potrebbe mettere a rischio i piani di laurea per alcuni studenti. Si tratta di uno sciopero che cercherà di non influenzare troppo sulla carriera universitaria ma che farà saltare la prima sessione di esami di settembre.

A muovere 5.444 di professori di 79 Università (da Parma più di 280) – che hanno già sottoscritto una lettera indirizzata ai ministeri dell’istruzione, lavoro ed economia – il blocco degli stipendi da almeno 6 anni voluti dal Governo dell’era Berlusconi.

I professori quindi – come scrive in una nota non ufficiale anche la Sinistra Studentesca Universitaria di Parma – “hanno quindi deciso di scioperare facendo saltare il primo appello della sessione di settembre, garantendo comunque che si faccia almeno un appello per non danneggiare eccessivamente gli studenti. Per chi a settembre si trova ad avere un solo appello per insegnamento, non si spaventi: verrà fatto recuperare in sessione straordinaria a 14 giorni dallo sciopero”.

Come si legge nel testo di proclamazione sciopero: “Tale astensione è finalizzata ad ottenere l’adozione di un provvedimento di legge, in base al quale:
1) le classi e gli scatti stipendiali dei Professori e dei Ricercatori Universitari e dei Ricercatori degli Enti di Ricerca Italiani aventi pari stato giuridico, bloccati nel quinquennio 2011-2015, vengano sbloccati a partire dal 1° gennaio del 2015, anziché, come è attualmente, dal 1° gennaio 2016;
2) il quadriennio 2011-2014 sia riconosciuto ai fini giuridici, con conseguenti effetti economici solo a partire dallo sblocco delle classi e degli scatti dal 1° gennaio 2015”.

“Tale manifestazione è conseguenza di una vertenza che si trascina senza esito apprezzabile fin dal 2014, come testimoniano numerose lettere firmate da 10000 o più Professori e Ricercatori Universitari e Ricercatori di Enti di Ricerca Italiani: lettera al Presidente del Consiglio del 2014, lettera al Presidente della Repubblica del 2015 (che la trasmise, cogliendone la rilevanza, al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca), altre due lettere al Presidente del Consiglio nel 2016 (in seguito alle quali una nostra delegazione è stata ricevuta da delegati della Presidenza del Consiglio il 30 novembre 2016)”.

Sembrava che qualcosa si stesse muovendo dopo l’ultimo incontro di tre delegati universitari con l’attuale ministro all’istruzione, Valeria Fedeli, ma tutto è rimasto congelato. Ecco quindi che i professori ricorrono all’ultimo mezzo possibile per farsi ascoltare, lo sciopero.

Ecco chi ha sottoscritto la lettera di proclamazione di sciopero in tutta Italia (scarica qui: Lettera proclamazione sciopero 2017)

 

1 commento

  1. Sciopero dei professori, la rivolta degli studenti: “Ci saltano le sessioni di laurea”
    „Sono uno dei docenti in sciopero. Ovvio che lo sciopero crei qualche disagio, se no non avrebbe alcun valore… Nel caso specifico pero’ il disagio e’ davvero modesto, in quanto per nostra autoregolamentazione provvederemo a recuperare l’appello perso con un appello due settimane dopo. E nel caso la data dell’appello di recupero risultasse troppo a ridosso della data delle lauree, le Universita’ sono obbligate, in base ad una nota ministeriale ricevuta ieri, ad indire una sessione di laurea supplementare. Quindi nessuno perdera’ la possibilita’ di laurearsi in sessione autunnale, ci sara’ al piu’ un ritardo di due o tre settimane. Queste attenuanti dell’impatto dello sciopero sono state gia’ giudicate valide dalla commissione nazionale di vigilanza sul diritto allo sciopero, in quanto tali da scongiurare disagi sostanziali per gli studenti. Ovviamente e’ nostro interesse come scioperanti che la nostra azione abbia risonanza ed impatto, quindi la reazione allarmata degli studenti e’ ben gradita ed assai utile. Fate sentire forte la vs. voce, come e’ giusto che sia, anche se a ben guardarci il problema e’ meno grave di quanto sembri. Ma e’ bene che alla nostra flebile voce, sin qui inascoltata dai vari governi degli ultimi 10 anni, si aggiunga quella ben piu’ possente di decine di migliaia di studenti, esasperati da una ormai decennale politica di disinvestimento, riduzione del diritto allo studio ed “aziendalizzazione” dell’universita’. Questa battaglia e’ si’ per i nostri stipendi, ma e’ anche una prova di forza col governo per cercare di invertire scelte politiche che vedono l’universita’ come un costo e non come un investimento. Se vinciamo questa battaglia, faremo le prossime per i precari della ricerca e per il diritto allo studio…“

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