Cécile Kyenge a Collecchio: “Crisi di solidarietà, rivedere testi su accoglienza. In Nigeria ho conosciuto le ragazze rapite da Boko Haram”

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Ospite d’onore alla Festa Multiculturale di Collecchio, Cécile Kyenge, ex ministro della Repubblica, ora europarlamentare incaricata di rivedere gli accordi dell’UE sull’immigrazione. A sostenerla i deputati del PD Patrizia Maestri e Giuseppe Romanini.

Parlare di solidarietà, di migrazioni e fare memoria delle strategie messe in atto dalle nostre donne in tempo di guerra, nel tentativo di accogliere e proteggere l’intera collettività, a partire dalla scelta di tenere aperta la porta di casa e di condividere quel poco che c’era in tavola è questo l’obiettivo dell’incontro “Resistere e nutrire. Strategie femminili di lotta, accoglienza e solidarietà” a cui ha partecipato l’europarlamentare.

Kyenge ha raccontato del suo impegno a Bruxelles e in giro per europa e mondo. “Dobbiamo mettere l’immigrazione al primo posto tra gli impegni dell’UE. – spiega l’europarlamentare – Nel 2015 mi hanno dato il compito di scrivere il testo per l’immigrazione insieme alla collega GianPaola Mazzola. Abbiamo rivisto il trattato di Dublino e siamo andate in tantissimi posti anche oltre i confini europei. Siamo state sulla rotta balcanica”.

La situazione che stiamo vivendo oggi è drammatica “C’è crisi di solidarietà. nel 2016 sono arrivati 500 mila immigrati in un anno, l’anno precedente la metà. Raddoppiano anno che passa e sono per più della metà sono donne e bambini non accompagnati”.

 

Sono tre i principali punti di una riforma sul testo dell’immigrazione: ricerca e salvataggio, integrazione e inclusione; ricollocazione.

“Quando nel 2013 ci fu la tragedia a Lampedusa avevamo detto ‘mai più morti’. Ma nel 2016 ci siamo trovati ancora con troppe perdite. Io e la mia collega siamo state anche a Lampedusa ed era diventata una sfida: prima di tutto salvare le vite umane. Anche papa Francesco venne a Lampedusa a gettare fiori nel mediterraneo e da quel momento, culturalmente, ha cambiato il modo di vedere anche per chi ancora non si stava rendendo conto di cosa stava succedendo, di chi non stava guardando. Ed ecco che è arrivato Mare Nostrum con tutte le difficoltà che comporta. Il traffico di esseri umani vuol dire che non esiste una tratta legale per arrivare in Europa. La lotta non deve avere pietà e deve farlo colpendo il portafoglio dei trafficanti, colpire le loro finanze”.

Una riflessione anche sulla polemica verso le Ong: “E’ nata solo perché la politica non stava facendo il suo lavoro. Piuttosto che attaccate le Ong vorrei vedere quei politici fare qualcosa per salvare quelle vite”. La Kyenge ha ricordato come nel 2018 dovrebbe entrare in vigore un “piano Marshall” per i paesi africani con “50 milioni di euro di finanziamento”. Sull’inclusione e integrazione “dobbiamo cambiare totalmente la legge Bossi-Fini. Abbiamo bisogno di cambiare anche il sistema di richiesta asilo spalmando le responsabilità. Recentemente è arrivata la richiesta di ricollocazione per 160 mila persone, Ne sono state ricollocate solo il 20%. Guardando i numeri degli arrivi ci siamo vergognati di quei solo 160 mila ma era un primo gesto di solidarietà”.

Toccante il racconto dell’europarlamentare sul suo viaggio in Nigeria, dove ha incontrato i genitori e le ragazze che vennero rapite dagli uomini armati di Boko Haram il 14 aprile del 2014. 276 studentesse vennero sequestrate dalla scuola di Chibok. La liberazione avviene solo 3 anni dopo, nel maggio del 2017, al termine di un negoziato tra i miliziani e il governo federale in cui sarebbe stato concordato uno scambio con alcuni militanti dell’organizzazione arrestati nei mesi precedenti. Più di 100 di loro sono però ancora schiave di Boko Haram.

“Sono stata in Nigeria sapendo che le cause che portano le persone a scappare non è solo la guerra. Là c’è Boko Haram che ci ha scandalizzato tutti quando hanno rapito quelle giovani ragazze per tre anni. Io sono andata per capire come stavano quelle ragazze liberate. Ora sono ancora chiuse dentro a un centro che le deve preparare per tornare a casa ma la Nigeria non è capace, non ha i mezzi per tutelarle e proteggerle una volta a casa. Quelle ragazze mi hanno molto colpito facendomi decidere di voler incontrare i genitori. Queste mamme e papà si riuniscono tutti i giorni da tre anni alle 17 al parco, lo stesso orario del rapimento. Hanno fondato un movimento che punta all’educazione per salvare quelle ragazze, riportarle a scuola. Io e la mia collega abbiamo chiesto di premiare quel movimento con il premio della pace. Ancora 100 ragazze sono rapite, dobbiamo portarle a casa e dobbiamo farlo con le vie legali. Ora non è tutto perfetto ma ci stiamo lavorando rafforzando la cooperazione internazionale”.

Alla fine dell’incontro due ragazzi, Mursar e Garret, hanno raccontato la loro storia di rifugiati. Ora sono accolti al Ciac di Parma

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