Il debito del Comune di Parma secondo Luigi Alfieri: “Il bilancio è un’opinione”

0

 

«Il bilancio è un’opinione. I numeri si possono tirare per la giacchetta come pare e piace. Federico Pizzarotti e la sua giunta lo fanno da tempo: è così che si dipingono come i più grandi risanatori di sempre».

Esordisce così Luigi Alfieri, candidato sindaco di Alfieri per Parma che analizza la situazione finanziaria dell’ente e aggiunge: «Hanno portato il colossale debito di Parma del 2011 a ridursi del 60%. Dicono. Il fatto è che tutto è relativo. E il debito del nostro Comune nel 2011 non era poi così straordinario».

Prendiamo una tabella del quotidiano Il Sole 24 ore relativa al 2010 e vediamo che in quell’anno il debito pro capite di un parmigiano era di 917,3 euro. Ogni torinese aveva un debito di 3519 euro. Un milanese 3036 euro. C’erano, nel 2010, cinquanta capoluoghi di provincia che stavano peggio di Parma come indebitamento pro capite.

La Regione Emilia-Romagna (sul suo sito) dice che nel 2011 il debito pro capite di ogni parmigiano era di 874,43 euro e secondo quanto riportato nelle relazioni dei revisori di 814,77 euro nel 2012, di 789,56 euro nel 2013, di 743,25 euro nel 2014 ed infine 676,05 nel 2015.

«Numeri che potremmo definire tranquillizzanti – prosegue il candidato-. Questi numeri, infatti, non giustificano lo stringimento della cinghia che il comune ha imposto ai cittadini. In proporzione, a Milano e Torino avrebbero dovuto sospendere l’erogazione di tutti i servizi, che, invece, hanno continuato ad essere distribuiti ininterrottamente».

«Non stiamo in alcun modo giustificando le giunte precedenti ovviamente, semplicemente diciamo che nella nostra città, ad essere super indebitate erano le società partecipate, non il Comune. Da Stt a Parma infrastrutture. Queste avevano un debito di circa 608 milioni di euro. A fronte del debito però – ha scritto nella sua nota a commento della relazione commissariale l’assessore al bilancio di allora Gino Capelli – stava un patrimonio di 720 milioni: con un patrimonio netto (attivo meno debito) di 112 milioni di euro. Situazione molto grave, ma rimediabile e, infatti, rimediata.

Da notare che le tasse (ai massimi) pagate dai cittadini di Parma non sono destinate fare scendere il debito delle partecipate, ma, come in ogni Comune, per finanziare la spesa corrente e per far fronte, non al grande debito delle partecipate, ma al debito, come abbiamo visto confrontando i nostri dati con quelli di altre città, tollerabile del Comune, i cui conti erano in regola. Tra parentesi, il Comune paga per gli interessi passivi un tasso medio molto basso: 1,55% nel 2015.

Per pagare il debito delle partecipate è stata fatta fallire la Spip (e sono spariti 100 milioni di rosso), è stata venduta la Stu Pasubio (via altri 55 milioni), sono stati venduti immobili di Stu Stazione (altri 100 milioni e passa) e si sta alienando una larga fetta di azioni Iren. Quindi, nessun miracolo, ma un uso corretto del patrimonio e degli istituti giuridici: leggi procedure concorsuali e fallimento. Del resto Gino Capelli, assessore straordinario e commercialista di vaglia, scriveva: “appaiono completamente infondate e fuori luogo le voci in ordine al dissesto del Comune di Parma».

«Mi chiedo dunque il perché di tanto immobilismo, almeno fino a un anno e mezzo fa…. Negli ultimi sei mesi poi, all’avvicinarsi delle elezioni, sono evidentemente spuntati i fondi per dare un tocco di cipria alla città o al meno al suo centro storico, non alle frazioni che restano completamente dimenticate » conclude Alfieri.

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here